i Michele Damiani
L’indennità di 600 euro andrà anche ai professionisti ordinistici. O almeno a 330 mila di loro. È quanto prevede il decreto del Ministero del lavoro firmato lo scorso 28 marzo. Viene quindi estesa la platea dei beneficiari del bonus introdotto dal decreto «Cura Italia», ma restano comunque delle sostanziali differenze tra partite Iva iscritte agli enti di diritto privato e quelle iscritte all’Inps, come lo stanziamento di risorse (3 miliardi a fronte di 200 milioni) e i limiti di reddito (35 mila euro nel 2018). Le domande potranno essere presentate da domani.
Il decreto Cura Italia ha previsto la corresponsione di un’indennità di 600 euro per il mese di marzo (la promessa del governo è che verrà erogata anche ad aprile) verso le partite Iva iscritte alla gestione separata Inps, alle gestioni speciali dell’Ago (commercianti e artigiani) e verso i professionisti dello spettacolo, del turismo e gli operai agricoli (si veda ItaliaOggi del 18 marzo scorso). Gli ordinistici, quindi, non rientravano tra i beneficiari; l’unica misura dedicata agli iscritti alle casse private riguardava l’istituzione di un Fondo per il reddito di ultima istanza da 300 milioni di euro che, tuttavia, non era riservato esclusivamente agli ordinistici ma a tutto il mondo professionale.
Le proteste delle associazioni di categoria non sono mancate nei giorni successivi alla pubblicazione del Cura Italia e le loro richieste sono state (in parte) accolte. Il ministro del lavoro Nunzia Catalfo, infatti, ha firmato lo scorso 28 marzo un decreto che stabilisce come 200 dei 300 milioni del Fondo verranno utilizzati per garantire un indennità di 600 euro ai professionisti «iscritti agli enti di diritto privato di previdenza obbligatoria». Le differenze, tuttavia,, rimangono. Per prima cosa, i non ordinistici hanno visto stanziati 3 miliardi di euro per una platea di circa 5 milioni di persone, i 200 milioni per gli ordinistici vorranno dire circa 330 mila fruitori. In secondo luogo, sono previsti dei limiti di reddito, a differenza degli iscritti all’Inps che avranno il beneficio a pioggia. I 600 euro andranno solo a chi ha maturato un reddito inferiore a 35 mila euro nel 2018 oppure a chi ne ha maturato uno compreso tra 35 e 50 mila euro ma a condizione che: abbia chiuso l’attività dopo il 23 febbraio oppure che abbia subito un calo di un terzo del reddito nel primo trimestre 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019. I professionisti dovranno «altresì aver adempiuto agli obblighi contributivi per il 2019», quindi in sostanza dovranno presentare una sorta di Durc personale.
In attesa delle disposizioni attuative, la norma pare escludere chi abbia aperto una partita Iva nel 2019, non potendo aver maturato un reddito nel 2018. «La norma», si legge nella nota congiunta Adc- Anc diffusa ieri, «presenta alcuni dubbi interpretativi: prevede sì l’immissione dei professionisti iscritti agli ordini nel fondo, ma senza includerli nella platea stabilita nell’art. 27 del decreto Cura Italia e pone, solo per loro, una serie di limitazioni incomprensibili per l’accesso al beneficio. Non si vede inoltre», continua la nota, «la ragione per cui, solo per le professioni ordinistiche, si siano stabiliti scaglioni di reddito. Inoltre, la regolarità contributiva richiesta non può essere un requisito imprescindibile, in quanto va da sé che un ritardo nel versamento dei contributi può essere di per sé già un segnale di difficoltà».
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