L’87% delle donne di età compresa tra i 30 e i 65 anni ha effettuato almeno un esame specialistico di prevenzione oncologica negli ultimi 2-3 anni.

È quanto emerge dall’Osservatorio Prevenzione e Salute di UniSalute curato da Nomisma, i cui risultati sono stati presentati giovedì scorso a Milano nel corso di una conferenza stampa alla quale hanno partecipato l’Amministratore Delegato di UniSalute (Gruppo Unipol), Fiammetta Fabris, Silvia Zucconi responsabile market intelligence di Nomisma, il food mentor e portavoce della fondazione Umberto Veronesi, Marco Bianchi, e gli oncologi Antonio Maestri e Anna Miryam Perrone.

La ricerca condotta da Nomisma con l’obiettivo di identificare il ruolo riconosciuto alla prevenzione tanto nella percezione – come strumento di protezione della salute – quanto nelle abitudini quotidiane, ha coinvolto 1.300 donne di età compresa tra i 30 e 65 anni su tutto il territorio nazionale.

Per quanto riguarda gli esami specialistici di prevenzione – il 79% della popolazione target (età compresa tra i 45 e i 65 anni) si è sottoposta alla mammografia almeno una volta negli ultimi 3 anni; resta una quota del 15% che mai l’ha effettuata nella vita. In generale si registra un alto ricorso al pubblico con pagamento del ticket (81%), per lo più a seguito della ricezione della lettera di invito allo screening (68%).

Anche il Pap Test, esame per la prevenzione di tumori alla cervice uterina, è stato eseguito in almeno una occasione negli ultimi 3 anni da un’ampia fascia della popolazione target (76%); resta il fatto che l’11% delle donne 30-65 anni non si è mai sottoposta nella vita a tale test. A differenza della mammografia, si riduce la percentuale delle donne che scelgono di effettuare l’esame nel pubblico (64%) a favore del privato (36%).

Fiammetta Fabris, nel presentare le attività di UniSalute, ha sottolineato l’importanza della prevenzione e della collaborazione fra pubblico e privato per ridurre i costi che gravano complessivamente sul sistema sanitario nazionale: “Sanità pubblica e privata non devono essere viste in contrapposizione: l’offerta di prestazioni garantite dal Servizio Sanitario Nazionale resta il perno fondamentale del nostro sistema sanitario (anche per quanto riguarda la prevenzione) a cui si affianca quella privata che, anche alla luce dei mutamenti sociali ed economici che il Paese sta vivendo in questi anni, deve essere sempre più vista come supporto ed integrazione e il cui accesso dovrebbe essere supportato e facilitato per permettere a tutti cittadini di poter usufruire della più ampia offerta di prestazioni mediche a costi contenuti”.

Secondo la ricerca, la soddisfazione complessiva del campione oggetto di indagine nei confronti degli esami di prevenzione oncologica è positiva, con differenze importanti rispetto alle modalità di fruizione dell’esame: tra gli aspetti critici – ha spiegato Silvia Zucconi – spicca il tempo di attesa elevato con differenti valutazioni in funzione delle modalità di fruizione dell’esame. Ad esempio, per la mammografia, oltre il 50% delle pazienti che si rivolge ad una struttura pubblica deve aspettare più di due mesi per effettuare la visita, mentre l’84% delle donne che si rivolgono al privato effettuano l’esame in meno di un mese.

Tempi più lunghi nel pubblico anche per l’ecografia al seno (61% esegue la prestazione dopo oltre due mesi) a fronte di un accesso più rapido nel privato (77% entro un mese).

Ruolo determinante per la preferenza della prestazione è la possibilità di scelta del medico: 1 donna su quattro che ha effettuato esami specialistici di prevenzione oncologica dichiara di essersi rivolta ad una struttura privata proprio per la possibilità di scegliere il medico a cui rivolgersi, sottolineando l’importanza di avere un professionista di fiducia al proprio fianco.

Altro importante punto su cui porre un focus è rappresentato dal costo della prestazione in relazione al servizio offerto: in tutti gli esami specialistici approfonditi dall’Osservatorio Prevenzione si riscontra che la percentuale di donne che ritiene che il costo della prestazione sia adeguato al servizio offerto risulta minore tra coloro che si rivolgono a strutture pubbliche.

La prevenzione oncologica mostra una forte connessione sia in relazione agli stili di vita che all’attitudine personale nella gestione della quotidianità. In questa ottica, l’Osservatorio Prevenzione e Salute Nomisma ha costruito due indicatori:

·       Wellness Index Nomisma (strumento in grado di restituire una valutazione sintetica sull’adozione di corretti stili di vita rispetto a differenti ambiti della vita quotidiana – pratica di sport, consumo di frutta e verdura, peso ponderale, attenzione alla dieta, fumo)

·       Life Skill Index (indicatore che misura abilità personali, cognitive, sociali, emotive e relazionali che permettono agli individui di affrontare le sfide quotidiane, rapportandosi a sé stessi e agli altri con fiducia nelle proprie capacità e con atteggiamento positivo e costruttivo).

Le donne con stile di vita maggiormente orientato (Wellness Index Nomisma alto) mostrano un maggior ricorso ad esami specialistici di prevenzione oncologica, con percentuali significativamente più alte per ogni test specialistico. Un esempio su tutti è il ricorso alla mammografia: nel cluster con Indice di Benessere alto è effettuato – in almeno una occasione in relazione agli ultimi 3 anni – dal 90% delle donne a fronte di una quota del 70% nel gruppo delle donne con indice basso.

Approcciarsi ad un controllo medico o a una visita non è sempre facile. Spesso timori e paura possono frenare i pazienti rispetto al sottoporsi agli esami. Ma quali sono i primi 5 motivi che frenano le donne italiane ad effettuare visite di prevenzione oncologica? Con la possibilità di elencare più alternative, le donne italiane hanno messo al primo posto la paura dei risultati degli esami (34%), a seguire la pigrizia (31%), l’imbarazzo (24%), il pensiero di non averne bisogno (21%), la mancanza di tempo (15%).

La ricerca ha inoltre indagato alcuni aspetti legati alle donne che hanno intrapreso un ciclo di terapie a seguito di una diagnosi tumorale. Anche in questo caso l’Osservatorio Prevenzione & Salute propone alcuni spunti di riflessione:

·       l’86% delle pazienti ritiene che i tempi di attesa per percorso dopo la diagnosi siano un aspetto da migliorare, a questo aspetto si unisce la segnalazione relativa al rapporto medico e paziente (il 61% segnala tale ambito come punto debole durante la fase di cura)

·       il 38% ha dovuto far fronte a spese nel percorso di cura (il 13% dichiara di aver speso oltre 20.000 euro) – spese comunque percepite come troppo elevate dal 48% delle donne a cui è stata diagnosticata una patologia tumorale;

·       Durante il percorso di cura, il 26% ha avuto necessità di assistenza domiciliare, ricorrendo prevalentemente al supporto dei familiari (62%)

Il quadro definito dall’Osservatorio Prevenzione & Salute curato da Nomisma si completa con la valutazione sull’inquadramento rispetto alla disponibilità di una polizza malattia a copertura delle spese sanitarie: solo il 20% delle donne 30-65 dichiara di possedere una polizza malattia (individuale o aziendale) che copre le spese sanitarie, percentuale che scende al 7% se si considera chi dispone di polizze con copertura di spese per l’assistenza domiciliare.

Nonostante la scarsa diffusione di oggi, l’interesse a valutare di dedicare una somma mensile per avere una copertura sanitaria integrativa è alto: il 48% delle donne italiane 30-65 anni si dichiara interessata, soprattutto se il costo di adesione mensile è accessibile, se vi sono possibilità di coprire l’intero nucleo familiare e se tra i vantaggi vi è la possibilità di tagliare i tempi di attesa per le prestazioni.