Entro fine marzo le forme pensionistiche complementari devono inviare all’iscritto la comunicazione periodica annuale (in questo caso riferita al 2018) con le informazioni più importanti sull’investimento previdenziale (l’ammontare della posizione individuale, i contributi versati nel corso dell’anno, i rendimenti conseguiti e i costi effettivamente sostenuti). Il momento è sicuramente importante e rappresenta l’occasione per un pit stop nel proprio percorso di integrazione pensionistica. La partecipazione ai fondi pensione non si esaurisce infatti nella semplice adesione, sia pure consapevole, ma necessita anche di un comportamento attivo nel durante da parte dell’iscritto. Ma cosa è la comunicazione periodica? Si tratta di una sorta di estratto conto della posizione di previdenza complementare e si articola in tre sezioni. Nella prima vengono preliminarmente evidenziati i dati e le notizie riguardanti l’identificazione dell’aderente. Nella seconda sezione sono riportati, per l’anno di riferimento, il valore della posizione individuale maturata, il risultato netto di gestione e il ter (total expense ratio), un indicatore di costo particolarmente significativo, riguardanti la linea (o le linee) di investimento cui l’aderente partecipa.
La Covip ha avviato fino al prossimo primo aprile una pubblica consultazione sullo schema di una nuova delibera che dovrà sostituire quella precedente di settembre 2011, sulla parità di trattamento tra uomini e donne nelle forme pensionistiche complementari collettive. La finalità è quella di aggiornare la disciplina all’evoluzione normativa nel frattempo intervenuta. Alla luce delle linee direttrici pubblicate dalla Commissione europea il 13 gennaio 2012 a seguito della sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea del primo marzo 2011 (sentenza Test Achats), che ha sancito che l’elemento relativo al genere non può più essere considerato come un fattore determinante per differenziare i premi e le prestazioni dei contratti di assicurazione conclusi a partire dal 21 dicembre 2012, si reputa ora che le regole unisex in ambito assicurativo non riguardino le prestazioni in rendita erogate dalle imprese di assicurazione per conto di forme pensionistiche complementari collettive, ragion per cui alle predette prestazioni si applicano tutte le regole dettate per la previdenza complementare in maniera specifica, che per taluni profili continuano ad ammettere differenziazioni tra sessi.
Mentre il mercato è in cerca di un modello nel business della gestione delle ricchezze tra pressione sui costi e mercati sempre più globali, il Credem , forte anche di una solidità di bilancio tra le più alte del sistema bancario e della disponibilità in casa di tutte le competenze necessarie, ha scelto la direzione precisa su cui puntare. Lo sviluppo dell’area wealth management del gruppo, coordinata da Paolo Magnani, si basa su cinque strategie: integrazione dei criteri Esg (Environmental, Social and Governance) nel processo di investimento, portafogli tematici, ampliamento della gamma prodotti con fondi specializzati nel private market (tra cui uno sui non performing loan e uno di private debt), sviluppo del servizio di consulenza finanziaria indipendente con focus sui clienti Uhnwi (Ultra high net worth individuals, con patrimonio oltre 5 milioni di euro), potenziamento dei servizi assicurativi.
Nel 2018 il wealth management della banca guidata dal direttore generale Nazzareno Gregori ha avuto una raccolta netta nel gestito di 330 milioni di euro, con una previsione di 2 miliardi nel 2019. E ha contribuito per il 36% ai ricavi del gruppo.
Nella settimana entrante potrebbero registrarsi novità per le nomine nel direttorio di Banca d’Italia. Dopo il passo indietro del direttore generale Salvatore Rossi potrebbero essersi determinate le condizioni perché sia possibile definire sin d’ora la composizione del direttorio per i prossimi sei anni, anche per il termine, sempre a maggio, dell’incarico del vicedirettore generale Valeria Sannucci. Pende poi l’iter per l’approvazione della conferma di Luigi Federico Signorini, anch’egli vice-dg, in attesa del parere del governo e del decreto del Capo dello Stato. Anziché arrivare a ridosso delle suddette scadenze, in un contesto di campagna elettorale per le Europee, le decisioni sul direttorio potrebbero essere assunte in anticipo. Naturalmente tutto poggia sulle scelte che il governatore Ignazio Visco riterrà di promuovere. Sono diverse le ipotesi: dall’avanzamento di Fabio Panetta a direttore generale, che premierebbe la sua non comune competenza ed esperienza di livello internazionale, al rientro di Daniele Franco, ora Ragioniere Generale dello Stato in scadenza, in qualità di vicedirettore generale, fino alla proposta di una donna, anch’essa quale vice-dg, che avrebbe competenze in campo giuridico, della quale le cronache non indicano il nome.
Se lasciato libero di scegliere avrebbe come sempre preferito defilarsi e rinchiudersi nella sua proverbiale riservatezza. Ma questa volta non è stato possibile. E così Allianz , il gruppo assicurativo più grande del mondo, guidato da Oliver Bate, è dovuto scendere in campo direttamente nella partita che si sta giocando in questo periodo per cercare di portare fuori dalle secche il malconcio sistema bancario tedesco. I tempi della crescita organica passo dopo passo, lontano dai riflettori della ribalta finanziaria, sembrano definitivamente tramontati per il colosso assicurativo di Monaco di Baviera. Allianz , in qualità di modello quasi unico di una finanza germanica funzionante e internazionale, questa volta è dovuta venir meno alla sua indole naturalmente riservata, diretta conseguenza del suo essere prima di tutto un grande assicuratore globale. Del resto, emergere agli onori della cronaca, pronta per un ruolo da protagonista, non è stato per Allianz mai facile come in questo momento. I numeri sono lì a dimostrarlo.
Dal reddito di cittadinanza alla consegna dei pacchi con droni e veicoli a guida autonoma, dalla vendita della polizze Rc Auto alla spinta su mutui e pagamenti digitali. Le Poste Italiane sembrano pronte a lanciarsi in business molto diversi tra di loro che come filo conduttore hanno il fatto di poter mettere a frutto l’enorme rete di vendita del gruppo, formata da oltre 12.800 uffici sparsi in tutta Italia. La sfida più complicata che le Poste Italiane hanno davanti per i prossimi anni è probabilmente quella di riuscire a bloccare gli effetti negativi determinati dal declino della corrispondenza, compensandoli con lo sviluppo nella consegna dei pacchi. Impegni che il ceo Matteo Del Fante ha messo nero su bianco nel business plan Deliver 2022 presentato a febbraio dello scorso anno a Piazza Affari, che prevede di passare dalla consegna di 35 milioni di pacchi del 2017 ad oltre 100 milioni di pacchi, con un ebit del settore posta e pacchi che a fine piano dovrebbe raggiungere il pareggio, rispetto al rosso di 517 milioni nel 2017. Poste dovrà cioè riuscire a cavalcare la crescita dell’e-commerce in Italia, salito al 7% del mercato nel 2017 rispetto al 4% dell’anno prima.

Da tassare il risarcimento per illegittimo comportamento del datore di lavoro, a condizione che esso attenga strettamente alla perdita di reddito connessa al rapporto di lavoro.
Perché possa essere escluso dalla tassazione Irpef, infatti, deve trattarsi di perdita di chance (danno emergente), e non già di mancata percezione di reddito, ad esempio per non avere potuto godere della pensione di vecchiaia, che è invece da ritenersi lucro cessante.
Lo afferma l’ordinanza n. 5108/2019 della Cassazione, che, pure accogliendo un motivo del ricorso avverso la sentenza della Ctr Sicilia 321/16/2011 (il contribuente aveva eccepito validamente che i giudici del territorio non si fossero pronunciati sulla sua richiesta di escludere da tassazione il risarcimento ottenuto), decidendo nella «questione di puro diritto», gli ha comunque dato torto.
Scatterà con la rata di pensione di aprile il conguaglio riferito alla perequazione automatica del 2019. Lo riferisce l’Inps con la circolare n. 44 di ieri, nel cui testo sono inserite anche le tabelle che contengono il vecchio e il nuovo importo del trattamento previdenziale. La questione prende le mosse dall’invio dei mandati di pagamento per l’anno nuovo, effettuato dall’ente sulla base della normativa vigente in novembre che non teneva conto delle modifiche apportate in materia dalla legge di Bilancio, approvata solo alla vigilia di Capodanno.
Le nuove regole. Come accennato, l’Inps non ha fatto in tempo ad applicare sugli assegni in pagamento a gennaio il nuovo schema introdotto dalla legge di Bilancio, meccanismo meno favorevole di quello previsto dalla normativa in vigore a novembre. E così sono state pagate con il vecchio sistema le prime tre rate dell’anno, i cui importi, in alcuni casi, risultavano un po’ più generosi di quanto dovuto. Ora l’istituto previdenziale ha effettuato i ricalcoli e questa differenza accumulata nei tre mesi dovrà essere recuperata. La rata di aprile, dunque, sarà la prima calcolata con i criteri aggiornati e successivamente si procederà ai conguagli, anche quelli (ben più pesanti) originati non dalla rivalutazione, bensì dal taglio ai trattamenti alti, le pensioni d’oro.

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  • Pensioni più leggere già da aprile a giugno un taglio da 100 milioni
Il primo taglio alle pensioni a partire da aprile, quando scatterà la nuova rivalutazione ( ridotta) all’inflazione voluta dall’ultima legge di Bilancio che penalizza gli assegni medio- alti. Poi, a giugno, dopo le elezioni Europee, conguaglio da 100 milioni sui primi tre mesi dell’anno sempre a carico dei pensionati. Ad aprile verrà applicato il nuovo sistema di perequazione delle pensioni per recuperare risorse poi redistribuite su vari provvedimenti, a cominciare da quota 100. Un colpo ai pensionati che vale 2,2 miliardi in tre anni ( 253 milioni nel 2019, 745 milioni nel 2020 e 1,2 miliardi nel 2021). L’Inps ha confermato che dal prossimo mese le pensioni verranno rivalutate con le nuove fasce e i nuovi parametri, e che successivamente verrà recuperata la differenza rispetto alle tre prime mensilità di quest’anno, che invece sono state calcolate ancora con il sistema più generoso concordato dai sindacati con i governi precedenti. Il conguaglio però non sarà immediato, ma sarà applicato soltanto a giugno, dopo le elezioni Europee del 26 maggio. Le posizioni interessate dal ricalcolo sono circa 5,6 milioni, spiega l’Inps, sul totale dei beneficiari di prestazioni pensionistiche che in Italia sono circa 16 milioni ( dei quali però oltre un terzo riceve più di una pensione). Per oltre la metà delle posizioni interessate (2,6 milioni) la variazione media mensile dell’importo lordo sarà quasi impercettibile, appena 28 centesimi. Ma per tutti gli altri il taglio può arrivare a diverse decine di euro al mese, fino a 200 euro in alcuni casi. Il meccanismo prevede sette fasce. I trattamenti fino a tre volte il minimo ( 1.522 euro) non si toccano: la rivalutazione resta piena e quindi la percentuale di aumento è pari all’ 1,1%. Per quelli sopra tre volte il minimo scattano sei indici per la rimodulazione al ribasso: dal 97% per le pensioni tra tre e quattro volte il minimo (oltre 1.522 e fino a 2.029 euro al mese) fino al 40% per quelle oltre nove volte il minimo, cioè superiori ai 4.569 euro al mese ( in questo caso l’aumento si ferma allo 0,44%).

  • Cattolica, arriva una lista unica per il consiglio
Per il rinnovo del consiglio di Cattolica c’è una sola lista di candidature, ad opera del board stesso. Essa vede come candidati l’attuale presidente Paolo Bedoni e l’ad Alberto Minali, Barbara Blasevich, Piergiuseppe Caldana, Bettina Campedelli, Luigi Castelletti, Chiara de’ Stefani, Rosella Giacometti, Alessandro Lai, Carlo Napoleoni, Aldo Poli, Pierantonio Riello, Anna Strazzera, Eugenio Vanda. I candidati alla carica di membro del Comitato per il Controllo sulla Gestione sono invece Giovanni Glisenti, Cesare Brena e Federica Bonato.
  • Pensioni, da aprile importi più leggeri
Da aprile l’Inps pagherà le pensioni con gli importi definitivi del 2019 che sono più bassi di quelli erogati nei primi tre mesi dell’anno. Dal ritocco sono esenti gli assegni di importo fino a tre volte il minimo (1.522,26 euro lordi mensili nel 2018).
Il ricalcolo del valore degli assegni è conseguenza del fatto che la legge di Bilancio 2019 è stata approvata negli ultimi giorni di dicembre e ha introdotto un nuovo sistema di adeguamento degli importi alla variazione annuale dell’inflazione.
Troppo tardi per consentire all’Inps di pagare gli assegni di inizio gennaio con le nuove regole. Di conseguenza l’istituto di previdenza li ha calcolati in base alla legge 388/2000 che sarebbe dovuta ritornare in vigore senza il nuovo intervento normativo contenuto nella legge di Bilancio.

  • Profilo Mifid e questionari, maneggiare con cura
La Mifid2 impone una regola fondamentale agli intermediari e ai consulenti: conosci il tuo cliente. E quindi è coerente il fatto che sia l’interlocutore diretto dell’investitore a effettuare quella che viene chiamata al “profilatura Mifid” (già in base alla prima versione della Direttiva), che avviene generalmente a partire dalla compilazione di un questionario. Il fatto che a profilare il cliente sia l’intermediario a cui si rivolge però espone ad alcuni rischi, come quello di avere profili diversi a seconda dell’intermediario a cui ci si rivolge. La cosa più immediata sarebbe che l’investitore si facesse venire qualche dubbio in questo caso e discutere la situazione con i suoi interlocutori. Una soluzione potrebbe essere quella di una profilatura effettuata da un soggetto terzo, ma non ciò finirebbe per togliere spazio al dialogo tra clienti e intermediari.
  • «Intermediari ancora lontani dagli orientamenti Esma»
Intervista a Emanuele Carluccio, Presidente Efpa Europe.
I questionari attualmente in uso presso la stragrande maggioranza degli intermediari non rispondono in modo compiuto ai principi indicati dall’Esma nel giugno del 2015 con l’emanazione di quegli orientamenti che sono stati fatti propri da Consob nell’autunno dello stesso anno (quindi più di 3 anni fa). Del resto sarebbe sufficiente andare a verificare, intermediario per intermediario, quale è, da un lato, l’esito del questionario di profilatura in termini di profilo di rischio abbinato al cliente e quale è, dall’altro lato, il grado di rischio desumibile dall’effettiva composizione del portafoglio per comprendere immediatamente come le imprese di investimento abbiano intrerpretato sinora il momento della profilatura più come un mero obbligo normativo-regolamentare che come un vero e proprio momento sia di education nei confronti del cliente, sia di comprensione dei desiderata del cliente stesso da parte del consulente/gestore della relazione.
  • La via dell’autovalutazione nasconde trabocchetti
Ancora prima di addentrarsi in un questionario proposto dall’intermediario, il risparmiatore che si avvicina al mondo degli investimenti dovrebbe come primo step farsi una sorta di auto-valutazione. È un passaggio che può apparire più facile per coloro che hanno dimestichezza con il mondo della finanza, ma è utile che ognuno lo compia quantomeno per interrogarsi sul motivo che lo sta spingendo a destinare i propri risparmi verso una forma di investimento. Sono passaggi molto semplici ma fondamentali che ruotano intorno a tre concetti chiave, che poi saranno rintracciati anche nei questionari Mifid della banca o di altri intermediari: l’orizzonte temporale, la propensione al rischio e la conoscenza dei prodotti.
  • Pir, una storia con lieto fine a rischio
Dopo due anni di risultati positivi, per la prima volta la raccolta dei Pir si tinge di rosso. In base ai dati forniti dalle Sgr all’Osservatorio mensile di Plus24, a febbraio il saldo netto tra sottoscrizioni e rimborsi dei piani individuali è stato negativo per 15,67 milioni (da segnalare il saldo di Banca Mediolanum positivo per 17 milioni e quello di Lyxor negativo per 26). Un dato apparentemente curioso e forse anche atteso. Apparentemente perché in realtà non lo è. L’andamento negativo delle performance ha spinto una fetta di investitori a uscire da questi prodotti prima dei fatidici 5 anni, quelli cioè che avrebbero consentito di usufruire dell’esenzione fiscale. Il segno meno davanti al rendimento, infatti, non porterebbe ad alcun beneficio fiscale per i sottoscrittori. In molti quindi hanno pensato che avrebbe potuto essere più conveniente puntare su altri strumenti, nel tentativo di recuperare perdite subite anche del 5-6% da inizio 2018 a metà marzo scorso. Insomma la favola dei Pir sembra già finita e quel che è peggio è che non c’è il lieto fine, almeno per il momento. Di fatto oggi il mercato è fermo.