L’art. 189 codice della strada, al comma settimo, punisce il conducente che, a seguito di incidente comunque ricollegabile al suo comportamento, non ottempera all’obbligo di prestare l’assistenza occorrente alle persone ferite (mentre il precedente comma 6 punisce – con pena più mite – il conducente che, nelle stesse condizioni, non ottempera all’obbligo di fermarsi).

La distinzione è importante perché, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, il reato di mancata prestazione dell’assistenza occorrente in caso di incidente, di cui all’art. 189 C.d.S., comma 7, implica una condotta ulteriore e diversa rispetto a quella del reato di fuga, previsto dal comma 6 del predetto art. 189, non essendo sufficiente la consapevolezza che dall’incidente possano essere derivate conseguenze per le persone, occorrendo invece che un tale pericolo appaia essersi concretizzato, almeno sotto il profilo del dolo eventuale, in effettive lesioni dell’integrità fisica.

Non può, in sostanza, porsi univocamente a carico dell’imputato – come la Corte di merito pare aver fatto – il reato di omissione di soccorso senza un approfondimento della effettiva percepibilità delle lesioni cagionate, ma sulla sola base della circostanza oggettiva delle lesioni successivamente diagnosticate alla persona offesa: lesioni che, per la loro tipologia e per la stessa condotta della persona offesa (recatasi in ospedale solo il giorno dopo), ben potevano non essere riconoscibili ictu oculi.

Non è, quindi, sufficiente ravvisare una posizione di garanzia in capo al conducente alla cui condotta alla guida il sinistro sia ricollegabile, occorrendo anche che egli abbia commesso il fatto nella consapevolezza di avere verosimilmente cagionato lesioni a persone coinvolte nell’incidente.

Corte di Cassazione, sez. IV penale, 7 febbraio 2019 n. 5914