IL CASO

Autore: Fabrizio Mauceri
ASSINEWS 306 – marzo  2019    

PREMESSA
Un’azienda grafica si era specializzata nell’attività di impaginazione dei testi. Svolgeva cioè  un’attività di terzista nei confronti delle grandi tipografie industriali per impaginare giornali,  riviste, libri utilizzando sofisticati programmi e software con l’impiego di parecchio  personale specializzato.
Gli affari andavano a gonfie vele e gli ordinativi fioccavano, per cui  l’azienda era in continua espansione con un aumento costante del fatturato e progressive  nuove assunzioni di personale.
La proprietà, essendo molto attenta alla prevenzione, aveva  stipulato ogni sorta di copertura assicurativa, compreso tutte le polizze di responsabilità  civile acquistabili (RCT-O, RCP. D&O). 

IL SINISTRO 
Un giorno viene consegnato un lavoro piuttosto importante  relativo all’impaginazione di un nuovo romanzo  di un autore di grido internazionale. Vengono stampati  i primi 10 mila volumi e da una verifica fatta dall’ufficio  qualità della tipografia viene constato che a partire dal  quarto capitolo le pagine risultano invertite. Ovviamente  i libri non hanno nessun danno materiale diretto, però  l’errata impaginazione fa sì che tutti i libri stampati  siano da buttare al macero.

Il danno per la tipografia è  ingente perché accumula un ritardo consistente nella  consegna che doveva fare prima del periodo natalizio  alla casa editrice committente, con possibili penali elevate  da pagare. Viene subito richiesto all’azienda che  aveva eseguito l’impaginazione il risarcimento di ogni  danno da essa causato.

Quest’ultima, dopo aver fatto  un’indagine interna, non riuscì a dimostrare un difetto  del software utilizzato e risultò che la causa più probabile  del lavoro difettoso fosse attribuibile all’errore  umano di un dipendente. A questo punto non restava  che denunciare il sinistro alla compagnia. L’assicurato  si sentiva particolarmente tranquillo e con lui anche il  broker che lo assicurava, perché era riuscito ad ottenere  nelle coperture RCT-O-P l’estensione ai danni patrimoniali  puri con clausola come di seguito evidenziato:

LIMITI DELLA CLAUSOLA ESPOSTA 
La clausola appena citata è il risultato di un eterno  equivoco in cui si cerca di parificare i danni patrimoniali  puri ai danni da interruzione d’esercizio.
L’equivoco è voluto in parte dalle compagnie stesse  quando fingono di concedere l’estensione, ma di  fatto ne eludono fortemente l’efficacia, in parte per  mancata conoscenza della fattispecie da parte di molti  operatori del mercato assicurativo, ma a volte anche  di insigni studiosi del diritto.

Di fatto questa clausola è poco efficace nei confronti  della richiesta dell’assicurato di essere tenuto indenne  dal sinistro appena accaduto.
Notiamo infatti da subito  che la clausola vuole coprire solo i danni da interruzione  d’esercizio (anche se estesi ai casi in cui non vi  sono danni a persone, cose o animali) ma mancano  all’appello le penali che l’assicurato deve pagare per  la mancata o la ritardata fornitura.

Mancano le spese di  maggior costo da sostenere per pagare gli straordinari  per cercare di ridurre le tempistiche di consegna del  prodotto corretto. Mancano le spese di rimpiazzo e  sostituzione del prodotto difettoso. Di primo acchito sembrerebbe che sia compreso  comunque almeno il danno da mancato guadagno  causato a terzi.

Se però andiamo poi a vedere le  esclusioni constatiamo che vengono estromessi dalla  copertura assicurativa tutti i danni da RC contrattuale,  i danni da difetto di progettazione, i danni da perdita  di immagine ed i danni da mancata rispondenza del  prodotto ai fini per i quali è venduto. Di fatto quindi  questa estensione di garanzia copre ben poco e risulta  difficile far rientrare l’evento accaduto tra quelli  assicurati.

LA POSIZIONE DELLA COMPAGNIA  
Sulla base alle premesse fin qui esposte, viene respinto  il sinistro. Tra le motivazioni l’individuazione  nel sinistro accaduto di una fattispecie di responsabilità  civile contrattuale ed in ogni caso l’esclusione  della mancata rispondenza del prodotto ai fini per i  quali doveva essere venduto diventano la parte più  rilevante.
Tra le eccezioni sollevate dalla compagnia  ci sono anche tutte le tipologie di danno causato alla  tipografia cui l’assicurato vorrebbe essere tenuto indenne,  ma che non trovano copertura nella clausola  di cui sopra (ossia i danni da immagine, la penale, i  maggiori costi etc.).

DIRITTO
Le prime considerazioni che emergono  da quanto sopra esposto riguardano  innanzitutto il fatto che un’attività come  quella descritta – attraverso la quale  non si realizza un prodotto materiale  (un libro, un fascicolo, un catalogo…),  ma si predispone l’impaginazione di  un qualcosa che verrà realizzato poi  concretamente dal vero e proprio produttore  – potesse essere assicurata con  una RC prodotti.

Per capire se questa  fattispecie fosse assicurabile andiamo  a vedere la definizione di prodotto del  codice del consumo:  Art 115 – codice del consumo  “1. Prodotto, ai fini del presente titolo,  è ogni bene mobile, anche se incorporato  in altro bene mobile o immobile.  2. Si considera prodotto anche l’elettricità.  2-bis. Produttore, ai fini del  presente titolo, è il fabbricante del prodotto  finito o di una sua componente,  il produttore della materia prima,  nonché, per i prodotti agricoli del suolo  e per quelli dell’allevamento, della  pesca e della caccia, rispettivamente  l’agricoltore, l’allevatore, il pescatore  ed il cacciatore”.

Sostenere che il progetto di impaginazione  possa rientrare in qualche modo in un bene  mobile incorporato poi in un altro bene mobile  (il libro o altro) ci pare una forzatura  ardita. Ci verrebbe quindi da dire che si potrebbe  ravvisare l’annullabilità del contratto  di assicurazione per mancanza della causa (il  trasferimento del rischio).
Si ravviserebbe poi  in ogni caso il problema della restituzione del  premio riscosso dalla compagnia e non dovuto  invocando l’arricchimento senza causa (art  2041 c.c.) ed in ogni caso si potrebbe ravvisare  una RC professionale dell’intermediario per  non aver venduto un prodotto idoneo alle  esigenze dell’assicurato.

In merito alla clausola citata ci viene inoltre  spontaneo fare un parallelo con l’accidentalità  contenuta nella maggior parte delle coperture  di responsabilità civile del mercato assicurativo  italiano.
Come in quel caso se il fine di un’estensione  di garanzia è quello di trasferire un  rischio dall’assicurato alla compagnia e questo  trasferimento non avviene per l’impostazione  fallace della clausola, ci viene da pensare  che prima o poi qualche toga illuminata in  presenza di contenzioso giuridico finisca per  considerare nulle tali limitazioni, come ha  fatto più volte la giurisprudenza nei confronti  della sopra citata limitazione dell’accidentalità.

Ovviamente però quello che rema contro a  questa conseguenza è la casistica limitata di  polizze con estensione ai danni patrimoniali  puri rispetto a quelle in cui viene limitata la  copertura al danno accidentale.

CONCLUSIONE
Abbiamo visto in questo caso concreto  di come sia difficile per gli intermediari  trovare una soluzione assicurativa alle  esigenze del proprio assicurato. Sicuramente  quando ci si trova di fronte a casi  particolari come quelli descritti in questo  caso concreto, piuttosto che avventurarsi  in coperture poco conosciute e mal sperimentate,  forse è meglio astenersi dal  proporre una soluzione piuttosto che poi  trovarsi a gestire situazioni di questo tipo  in cui l’assicurato ha pagato un premio  senza avere in cambio la copertura assicurativa  di cui aveva bisogno.