I riflessi fiscali di un possibile mancato accordo
di Stefania Barsalini e Maurizio Dattilo

L’uscita del Regno Unito dall’Unione europea (c.d. Brexit) avrà impatti significativi sulla fiscalità dei prodotti finanziari se e fino a quando non si giungerà ad un accordo specifico su questo genere di proventi. In alcuni casi, infatti la residenza ai fini fiscali in uno Stato membro Ue è condizione necessaria per l’esenzione da imposta dei redditi corrisposti dagli operatori residenti in Italia. Ad esempio, sono richiesti requisiti di residenza all’interno della Ue per l’applicazione dell’articolo 26-quater del dpr n. 600/1973, che prevede per le società «consociate» residenti in Stati membri Ue l’esenzione da ogni imposta degli interessi e dei canoni corrisposti oppure, pari requisiti sono previsti per l’applicazione dell’articolo 27-bis del dpr n. 600/1973 che prevede l’esenzione dei dividendi distribuiti nell’ambito dei rapporti tra società figlia e casa madre sempre e solo all’interno della Ue.

Pertanto l’uscita della Gran Bretagna dalla Ue potrebbe mettere a rischio di ritenuta tutti i proventi delle obbligazioni «Otc» emesse da aziende private. Sempre sul tema, in assenza di specifici accordi sugli scambi di informazioni, potrebbero risultare compromesse le previsioni normative che riconoscono un trattamento fiscale più favorevole in presenza di un adeguato scambio di informazioni tra le Autorità fiscali, in particolare, quelle che consentono un adeguato scambio di informazioni, ad esempio:
– gli interessi dei titoli di Stato, delle banche e degli altri emittenti qualificati, con riferimento all’esenzione prevista dall’articolo 6 del dlgs n. 239/1996 per gli investitori esteri residenti in Paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni;
– i redditi di capitale indicati nell’articolo 26-bis del dpr n. 600/1973 percepiti da investitori esteri residenti in Paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni;
– le plusvalenze indicate nell’articolo 5, comma 5, del dlgs n. 461/1997 (diverse da quelle derivanti dalla cessione di partecipazioni qualificate) realizzate da investitori esteri residenti in Paesi che consentono un adeguato scambio di informazioni;
– i titoli di debito pubblico Uk equiparati a quelli italiani ai fini dell’applicazione della tassazione ridotta (aliquota 12,5%).

Se, anche in assenza di uno specifico accordo, il Regno Unito aderisse come paese extra Ue almeno allo See, cioè allo Spazio economico europeo entro il quale gravitano tutti i paesi geograficamente appartenenti al Vecchio continente, si faciliterebbe il mantenimento delle agevolazioni fiscali, quali ad esempio:
– la direttiva «madre-figlia» e la direttiva «interessi-canoni», oggi riconosciute per gli operatori/operazioni che si riconnettono territorialmente alla Ue;
– la ritenuta a titolo d’imposta dell’1,20% prevista dall’ articolo 27, comma 3-ter, dpr n. 600/1973 che si applica ai dividendi corrisposti a società ed enti soggetti ad imposta sul reddito delle società negli Stati membri Ue o aderenti all’Accordo sullo Spazio economico europeo, che consentono un adeguato scambio di informazioni, ed ivi residenti.
Per il medesimo motivo all’interno dello See i soggetti residenti incaricati del pagamento dei proventi, operano la ritenuta del 26% a titolo di imposta per i flussi che derivano dalla partecipazione ad organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (Oicvm) di diritto estero conformi alla Direttiva 2009/65/Ce, istituiti negli Stati membri Ue e See, che consentono un adeguato scambio di informazioni o dalla partecipazione a Oicvm di diritto estero non conformi alla direttiva 2009/65/Ce, il cui gestore sia soggetto a forme di vigilanza nel Paese estero nel quale è istituito ai sensi della Direttiva 2011/61/Ue.

Pertanto, se il Regno Unito non aderisce nemmeno allo See i proventi dei fondi istituiti nel Regno Unito subiranno la ritenuta del 26% a titolo di acconto.
Allo stesso modo, in tema di successioni ereditarie, l’adesione del Regno Unito allo See consentirebbe la non concorrenza alla formazione dell’attivo ereditario dei titoli di Stato e dei titoli del debito pubblico emessi dagli Stati membri Ue e See (articolo 12, comma 1, lett. h), del Testo unico n. 346/1990).
Il Regno Unito ha assunto degli impegni in sede Ocse, sullo scambio di informazioni rilevanti ai fini tributari, facilitando molto la situazione del mancato accordo, in quanto l’Ocse sopperisce ad esso. Si tratta in buona sostanza dello scambio automatico di informazioni derivante dalla Direttiva 2011/16/Ue, che ha stabilito, come parimenti stabilito dai trattati Ocse, come gli Stati membri Ocse cooperano fra loro ai fini dello scambio di informazioni prevedibilmente pertinenti per l’amministrazione e l’applicazione delle leggi nazionali in materia di imposte. La direttiva è stata applicata anche a diversi ambiti:
DAC 2 – Common reporting standard;
DAC 3 – Ruling transfrontalieri;
DAC 4 – Rendicontazione paese per paese;
DAC 5 – Antiriciclaggio;
DAC 6 – Meccanismi transfrontalieri.
© Riproduzione riservata

Fonte: