Gli effetti dello squilibrio demografico su pensioni e sanità e le soluzioni del welfare comunitario
I vantaggi di una rete che ponga i lavoratori al centro
In Italia ci sono 11 milioni di under 19 e 17,5 milioni di over 65 (fonte: Neodemos 2018). Il tasso di occupazione femminile è pari a 49,3%, quello maschile a 67% (dati provvisori Istat gennaio 2018); il 46% dei contribuenti dichiara un reddito inferiore ai 15 mila euro e solo il 4% del totale dichiara più di 50 mila euro. Dati che destano non poche preoccupazioni perché le pensioni, la sanità, l’assistenza si reggono sulla redistribuzione delle imposte e dei contributi di chi lavora: se pochi lavorano, e contribuiscono poco, chi, o che cosa, ci aiuterà a costruire stabilità e futuro?
Il primo alleato su cui le generazioni precedenti potevano contare era il sistema pubblico. Oggi questa convinzione va rivista. Come si può osservare nei grafici qui accanto, la piramide demografica del 2018 e del 2048 rappresenta la popolazione suddivisa per fasce di età (in verticale), numerosità (in orizzontale) e genere (lato sinistro e destro). L’Italia del 2018 mostra pochi bambini e molti anziani; i lavoratori (evidenziati in rosso) sono in evidente minoranza in confronto alla popolazione intera e faticano a sostenere le necessità di tutti in materia di istruzione, assistenza, sicurezza e previdenza pensionistica. E in futuro, se nulla accade, le cose potrebbero peggiorare. Nei paesi a squilibrio demografico, lo Stato sociale spesso arretra e rischia di restituire i rischi ai cittadini. Così, ad esempio, in Giappone si teme che lo stesso concetto di pensione non reggerà a lungo, in Gran Bretagna il governo restituisce i contributi previdenziali ai cittadini che non chiedono il pagamento di vitalizi, in Francia si ridiscutono i sussidi per le maternità. Questo mentre da noi le riforme pensionistiche ormai sono continue. Oggi in Italia convivono diversi modelli di welfare: la pensione dipende dalla misura dei contributi individuali, la sanità ci è garantita come cittadini ma l’assistenza ai disabili ed agli anziani è fortemente a carico della famiglia, e della «grande madre italiana». Certo, c’è il grande contributo del terzo settore, e nuove sensibilità locali cercano di tutelare i cittadini più fragili ma il modello «redistributivo» scricchiola sotto il peso dei dati e questo richiede sistemi innovativi, che connettano tra loro diverse componenti della società per sostenere il ciclo di vita delle persone. Una delle vie più efficaci per fare ciò consiste nel welfare comunitario, una rete coesa che mette il cittadino al centro dell’azione di soggetti (pubblici e privati). In questo disegno, ogni attore ha un ruolo preciso. La pubblica amministrazione definisce le regole e svolge una funzione di coordinamento; la famiglia fa crescere i figli, assiste i cari, trasferisce risorse economiche tra i propri membri; il terzo settore e l’associazionismo supportano le fragilità; il mercato finanziario, assicurativo e previdenziale mette a disposizione competenze e strumenti per affrontare i rischi economici; infine l’azienda, che offre un contributo concreto al benessere dei propri collaboratori fornendo servizi utili e integrando le prestazioni del sistema pubblico. «Per il miglior funzionamento del welfare aziendale e per una sua capillare diffusione è fondamentale semplificare i processi di erogazione e le modalità di accesso al paniere dei benefit», commenta Damien Joannes, direttore business unit welfare aziendale Edenred Italia. «A questo scopo il Voucher introdotto con la legge di Stabilità 2016, ha allineato il nostro paese alle migliori esperienze europee. Il buono, attraverso il quale erogare tutti i servizi e i beni del paniere del welfare aziendale, ha il vantaggio, appunto, di rendere più fluido e facile l’intero processo, eliminando le complesse rendicontazioni che fino a poco tempo fa caratterizzavano la gestione e l’utilizzo degli strumenti di welfare. L’introduzione di questo strumento va di pari passo con la crescente diffusione del welfare aziendale in Italia e per molti aspetti è una delle precondizioni organizzative e gestionali per la sua definitiva affermazione, sia nelle grandi che nelle medie e piccole imprese». Il welfare comunitario, insomma, unisce in comunanza di interessi impresa, lavoratore, parti sociali. Una convergenza che fa bene a tutti e che spiega da sola come mai il welfare aziendale sia oggi una prassi diffusa e in continuo ampliamento. (riproduzione riservata)
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