Dalla 13esima edizione della Conferenza Nazionale GIMBE viene lanciato l’allarme per la crisi vissuta dal Sistema Sanitario Nazionale che non conosce freni.

Con il 2° Rapporto sulla sostenibilità del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), la Fondazione GIMBE ha ribadito con fermezza che, pur in assenza di un disegno occulto di smantellamento e privatizzazione del SSN, manca un preciso programma politico finalizzato a salvare la sanità pubblica. In particolare, la XVII legislatura per la sanità è stata caratterizzata da un insolito paradosso. Da un lato, un’intensa attività legislativa e programmatoria ha posto numerose pietre miliari per l’evoluzione del SSN: dal DPCM sui nuovi livelli essenziali di assistenza (LEA) al DM sulla responsabilità professionale, dal decreto sull’obbligo vaccinale all’albo nazionale per i direttori generali, dal patto per la sanità digitale ai fondi per i farmaci innovativi, dal piano nazionale della cronicità a quelli della prevenzione e della prevenzione vaccinale, dal DM 70 al decreto sui piani di rientro degli ospedali, dal biotestamento al DDL Lorenzin che regolamenta ordini professionali e sperimentazioni cliniche.

D’altro canto, la legislatura è trascorsa sotto il segno di un imponente definanziamento che, oltre a determinare la progressiva retrocessione rispetto ad altri paesi Europei, sta minando seriamente l’erogazione dei LEA, mettendo in luce il drammatico scollamento tra esigenze di finanza pubblica e programmazione sanitaria. Infine, dopo la bocciatura del referendum costituzionale, nessun passo in avanti è stato fatto per migliorare la governance di 21 differenti sistemi sanitari, anzi si sono moltiplicate le richieste di maggiore autonomia da parte delle Regioni.

In merito a quest’ultimo passaggio, è intervenuto Marco Vecchietti, Amministratore Delegato e Direttore Generale di RBM Assicurazione Salute:”Gli effetti pratici nella vita di tutti i giorni per i cittadini sono evidenti: le liste di attesa medie nell’ultimo anno vanno dai 33,69 giorni di media nel Veneto (21,20 giorni in Valle d’Aosta) agli 82,54 giorni di media nel Lazio, passando per i 70,04 giorni di media della Campania; il valore medio dei ticket va dai 67 Euro medi del Veneto ai 33 Euro della Sardegna, passando per i 44 Euro medi per ticket della Campania; la spesa sanitaria di tasca propria (c.d. “Out of Pocket”) – che si aggiunge ai costi già sostenuti mediante la fiscalità generale per finanziare il Servizio Sanitario Nazionale e che, a loro volta, ammontano in media a 1.867 Euro pro capite – va dagli oltre 650 Euro pro capite del Veneto e della Liguria (con valori ben superiori ai 750 Euro per cittadino in Valle d’Aosta, che registra un valore di 877 Euro a testa, e nelle Province Autonome di Trento e Bolzano) ai 324,56 Euro della Campania; l’incidenza delle cure rinunciate o differite – che riguardano ormai oltre 12,2 milioni di italiani – va dal 15% del Nord Est al 39% del Centro, passando per il 28% del Sud e Isole”.

”Non bisogna dimenticare, inoltre – aggiunge Vecchietti – che uno dei vantaggi fondamentali che può essere garantito attraverso l’affidamento in gestione della spesa sanitaria privata alle Forme Sanitarie Integrative è rappresentato dalla “messa a sistema” delle strutture sanitarie private (erogatori) e dei cosiddetti “terzi paganti professionali” (le Forme Sanitarie Integrative, appunto) con un conseguente contenimento del costo unitario delle singole prestazioni/beni sanitari (si tratta, in media, di un risparmio compreso attualmente tra il 20% ed il 30%). Questo risultato conseguibile grazie all’acquisto collettivo delle prestazioni e l’ottimizzazione delle agende delle strutture sanitarie renderebbe la spesa sanitaria privata “intermediata” attraverso un Secondo Pilastro Sanitario non solo più equa rispetto ad una spesa sanitaria “individuale” ma anche più efficiente. Purtroppo l’attuale disciplina della Sanità Integrativa non è adeguata a supportare lo sviluppo di un vero e proprio Secondo Pilastro anche in Sanità, come già avvenuto nel settore pensionistico. Per realizzare questo obiettivo, che potrebbe garantire grandi benefici in termini di equità e sostenibilità per il sistema sanitario complessivo del nostro Paese, bisognerebbe riassorbire tutte le Forme di Sanità Integrative in un impianto normativo omogeneo improntato ai medesimi principi fondanti del Servizio Sanitario Nazionale favorendone la trasformazione da “strumenti della contrattazione collettiva” a “strumenti a vocazione sociale”.

E in questa prospettiva il tema della disuguaglianza territoriale, già di per se assolutamente rilevante, assume una rilevanza ancora maggiore per gli effetti a livello intergenerazionale che è in grado di favorire non solo dal un punto di vista economico, ma anche in una prospettiva sanitaria e demografica.

“Oltre alle disuguaglianze legate alla minor capacità assistenziale dei Sistemi Sanitari Regionali del Sud – continua Marco Vecchietti – esiste, dunque, un moltiplicatore delle differenze dato dalla minore aspettativa di vita alla nascita, dalla maggiore incidenza di fattori di rischio (sedentarietà, fumo e obesità) al Sud e dalla minore aspettativa di vita in assenza di patologie oltre i 65 anni. Tutti questi elementi che ingenerano una maggiore necessità di cure private si scontrano anche con la disponibilità di un PIL pro capite inferiore. In questo contesto un Secondo Pilastro Sanitario promosso su base territoriale dalle Regioni più che dalle aziende o dalla Contrattazione Collettiva (visto che anche i siti produttivi sono maggiormente presenti a Nord) potrebbe garantire una redistribuzione anche ai cittadini del Sud del prezioso diritto alla Salute. Questa la sfida checrediamo fermamente di poter affrontare insieme con le Parti Sociali, insieme con tutte le Forme Sanitarie Integrative, insieme con le migliori forze del nostro Paese. Occorre camminare insieme in questa direzione non lasciando più soli i cittadini, informandoli di questa nuova importante opportunità e scrivendo nuove regole che possano preservare i fondamentali del nostro Sistema Sanitario, assicurando una risposta sicura per la nostra Salute e per quella delle future generazioni. Così come insieme in questi anni abbiamo fatto la differenza, siamo convinti che insieme – nei rispettivi ruoli – riusciremo ad essere il cambiamento che vogliamo vedere nel nostro Paese”.