IL FATTO

Le Sezioni Unite della Cassazione dirimono una interessante vicenda, confermando lo spostamento del baricentro dell’articolo 1669 del codice civile dall’incolumità dei terzi alla compromissione del godimento normale del bene, e dunque da un’ottica pubblicistica ed aquiliana ad una privatistica e contrattuale.


Autore: Michele Borsoi

ASSINEWS 295 – marzo 2018

 

IL FATTO

Da un fatto di cronaca rileviamo che dopo una serie di lavori di manutenzione, consistenti nel rafforzamento dei solai e delle rampe di scale, erano state riscontrate macchie di umidità nelle pareti esterne e infiltrazioni di acqua piovana nei singoli appartamenti di uno stabile, oggetto di lavori di manutenzione.

Si trattava di difetti che compromettevano il normale utilizzo dell’immobile.

L’impresa che aveva effettuato i lavori aveva escluso le sue responsabilità sostenendo che aveva eseguito degli interventi su un immobile già realizzato da altri da più di dieci anni.

I proprietari convenivano quindi in giudizio la società venditrice e la società che su incarico di quest’ultima aveva eseguito sull’edificio interventi di ristrutturazione edilizia, con richiesta di condanna, in solido tra loro, al risarcimento dei danni consistenti in un esteso quadro fessurativo esterno ed interno delle pareti del fabbricato ed altri gravi difetti di costruzione.

Nel resistere in giudizio entrambe le convenute chiamavano in causa la società che aveva eseguito gli intonaci, per esserne tenute indenni.

Il Tribunale, ritenuta la ricorrenza di gravi difetti dell’opera, accoglieva la domanda e condannava le società convenute al pagamento della somma di € 71.503,50, a titolo di responsabilità per danni ex articolo 1669 del codice civile

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