di Anna Messia

Per ora è solo qualcosa più di una riflessione, che potrebbe però concretizzarsi nel giro di qualche settimane portando Pramerica a mettere sul mercato le attività assicurative italiane. Si tratta in particolare di Pramerica Life, compagnia che ha fatto il suo debutto in Italia nel 1990 e da quasi 30 anni opera nel ramo Vita. Nel 2015 ha esteso poi l’attività a coperture contro i rischi derivanti da infortuni e malattia, accrescendo la presenza sul mercato. Pramerica Life è una società controllata dal colosso del risparmio Prudential Financial, che ha negli Stati Uniti la propria maggiore area di business, ha oltre 1.000 miliardi di dollari di patrimonio e opera anche in Asia, Europa e America Latina. Pramerica è in particolare il marchio utilizzato in determinati Paesi al di fuori degli Stati Uniti da Prudential Financial. In Italia il gruppo vanta anche una storica alleanza con Ubi Banca nel settore del risparmio gestito. L’eventuale uscita dal comparto assicurativo in Italia andrebbe invece inquadrata in un più ampio progetto di riposizionamento del gruppo guidato dal presidente e ceo John Strangfeld. Al proposito va ricordato che solo qualche settimana fa si è chiusa la cessione delle attività assicurative di Pramerica in Polonia, che sono state vendute sempre a Unum, altra compagnia assicurativa americana. Per quanto riguarda l’Italia, secondo quanto risulta a MF-Milano Finanza, il mandato esplorativo per la vendita sarebbe stato affidato alla società di consulenza Kpmg. L’interesse per gli asset in questione potrebbe essere alto. Pramerica Life, compagnia guidata da ottobre 2016 da Roberto Agnatica, ha raggiunto una dimensione interessante, con riserve pari a circa 1 miliardo di euro. La crescita è sostenuta sia da una rete di life planner (i consulenti vita) sia da accordi bancari, specie con istituti più piccoli. Tra gli ultimi accordi siglati da Pramerica Life c’è stato per esempio quello con la Banca Cambiano 1884, istituto divenuto spa a gennaio 2017, primo caso di way out dal sistema del credito cooperativo in conseguenza della riforma delle bcc. Gli accordi bancari hanno un peso importante per la compagnia; dei 130 milioni raccolti nel 2016 oltre il 67% è arrivato proprio dal canale bancassurance e dalle reti terze, mentre il resto è stato prodotto dalla rete di circa 110 life planner. Tale assetto potrebbe fare gola a più di qualche concorrente, considerando che nel mercato italiano, tra fondi di private equity e colossi esteri pronti a crescere, non è certo la domanda che manca. (riproduzione riservata)
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