Il notaio deve segnalare compravendite in criptovaluta
di Antonio Ciccia Messina

Pagare in bitcoin è un’operazione sospetta. Il notaio deve segnalarla, secondo la normativa antiriciclaggio, se si vuole usare la criptovaluta per saldare il prezzo di una compravendita. Questa la risposta del Consiglio Nazionale del Notariato a un quesito relativi al pagamento con la moneta digitale (Quesito antiriciclaggio n. 3-2018/B).
Il bitcoin è uno strumento nuovo che mette alla prova gli istituti giuridici (tracciabilità dei pagamenti e norme sulla limitazione all’uso del contante) pensati per un sistema basato su valute aventi corso legale e su autorità monetarie centrali. La situazione è talmente confusa che non solo c’è incertezza sulla disciplina legale del bitcoin, ma non c’è nemmeno intesa su cosa sia veramente (una moneta, uno strumento finanziario?). Il problema affrontato nella risposta al quesito in commento è come si deve comportare il notaio quando l’acquirente intende pagare in bitcoin il prezzo, determinato in euro, dell’immobile. In particolare il quesito chiede se il pagamento del prezzo della vendita di un bene immobile in bitcoin, o altra criptovaluta, violi le norme in materia di limitazione all’uso del denaro contante e anche quelle in materia di indicazione analitica dei mezzi di pagamento.
È vero che le operazioni in bitcoin, o in altre criptovalute, sono sicuramente tracciabili in senso informatico. Però i sistemi di accesso informatici, senza eccezioni, non si fondano sul concetto di identificazione, ma sulla mera verifica di credenziali informatiche. E in questo sta la differenza con la normativa antiriciclaggio: il sistema informatico, che riconosce pin, password e altre credenziali, non può mai garantire l’identità reale del soggetto che effettua un accesso.
In altre parola la sicurezza tecnologica dell’operazione, garantita dal sistema blockchain, è un conto; c’è poi, invece, il problema della certezza del traffico giuridico, che fa riferimento all’identità delle parti ed è questo il punto critico della questione. Questo vale anche nel sistema bitcoin, caratterizzato da un anonimato intrinseco alla stessa tecnologia adottata. L’operazione in bitcoin proviene, infatti, da un conto, che l’acquirente dichiara essere proprio, a un altro conto del quale il venditore asserisce la titolarità, ma il tutto senza che possa esservi il benché minimo riscontro della veridicità di tali dichiarazioni.
Se il bitcoin va a braccetto con l’anonimato, allora non va bene per realizzare pagamenti trasparenti. A riguardo delle limitazioni all’uso del denaro contante, la finalità delle norme sul limite all’uso del contante è garantire la tracciabilità delle operazioni al di sopra di una certa soglia, attraverso la canalizzazione dei flussi finanziari presso banche, Poste Spa, istituti di pagamento e istituti di moneta elettronica. E ancora una volta l’intrinseca segretezza delle operazioni in bitcoin risulta incompatibili con gli obiettivi della trasparenza.
Non è neppure possibile la descrizione nel rogito dei mezzi di pagamento: da un lato l’indicazione delle chiavi pubbliche non soddisfa il requisito della tracciabilità, in quanto non consente di risalire al titolare del portafoglio virtuale, dall’altro l’indicazione delle chiavi private associate alle chiavi pubbliche (che comunque non dà certezze legali sulla titolarità del conto virtuale) è improponibile poiché renderebbe pubblico lo strumento per disporre della valuta virtuale.
La conclusione dei notai è che sussiste un’oggettiva impossibilità di adempiere agli obblighi antiriciclaggio: la risposta al quesito suggerisce, quindi, al notaio di valutare l’opportunità di procedere ad effettuare una segnalazione di operazione sospetta.
Peraltro la risposta al quesito è espressamente formulata allo stato dell’arte, in quanto è il legislatore che deve sciogliere i nodi dei diversi problemi. E per quanto riguarda la tecnologia blockchain, si tratta di questioni particolarmente urgenti. Si pensi, al fatto, che secondo alcuni questa tecnologia potrebbe essere usata anche per i contratti e, quindi, per gli atti giuridici, non solo per le monete o gli strumenti finanziari.
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