di Elio Marchetti.

La copertura di responsabilità civile nella formula Claims Made si é diffusa in Italia alla fine degli anni ‘90 con la crisi della R.C.T. per le Aziende Sanitarie. Questa clausola si discosta radicalmente della formula Loss Occurrence, prevista dall’art. 1917 del Codice Civile.

Nel corso degli anni la giurisprudenza italiana ha stentato a recepire la formula Claims Made e solo nel 2016 le Sezioni Unite della Cassazione, con sentenza n. 9140 del 6 maggio, sono giunte finalmente a ritenere valida questa copertura nella “forma pura” ovverosia con retroattività illimitata.

La predetta sentenza ha altresì messo in evidenza alcuni limiti (vessatori?) della copertura, introducendo il principio della meritevolezza quale elemento discriminatorio tra la copertura ideale (forma pura) e quelle diffuse sul mercato, che presentano spesso limiti temporali. Inoltre, i giudici avevano anche evidenziato alcune carenze tipiche delle polizze Claims Made.

A questo punto sarebbe bastato un intervento dell’ISVAP per definire le caratteristiche minime delle polizze Claims Made, eliminando così le notevoli lacune operative (e giuridiche) dei prodotti presenti sul mercato[1].

E invece …

Sulla scia del principio della meritevolezza la Terza Sezione con la sentenza 28 aprile 2017, n. 10506 ha reintrodotto il principio della copertura ultrattiva (illimitata nel tempo) anche nell’ambito della Claims Made, scardinando il risultato raggiunto con la sentenza delle Sezioni Unite del 2016.

Sempre la Sezione Terza della Cassazione, con l’Ordinanza interlocutoria n. 1465/2018 (pubblicata in calce) l’estensore mette in dubbio la legittimità della formula Claims Made sotto vari aspetti teorici e giuridici, sviluppando argomentazioni affatto originali, stimolanti per gli studiosi del diritto.

Pubblichiamo un primo commento dell’avvocato Gianluca Messercola che mette bene in luce tutti i contenuti dell’Ordinanza e, nel contempo, esprime alcuni timori sugli effetti perversi che si rifletterebbero sugli assicurati nel caso in cui le Sezioni Unite recepissero le predette argomentazioni, sancendo così la nullità della Claims Made.

Rinviamo alla lettura puntuale del testo dell’Ordinanza e del Commento tutti gli approfondimenti sulle argomentazioni addotte.

In veste di operatori di mercato osserviamo che alcuni aspetti sostanziali delle lacune della Claims Made, quali:

  • le dichiarazioni precontrattuali sui fatti e circostanze note
  • il recesso dal contratto sulla base di una semplice denuncia di sinistro anche se il danno non viene liquidato
  • la copertura ultrattiva in caso di cessazione dell’attività (meglio nota come postuma) non prevista di default né per legge[2]

sono appena sfiorati dall’Ordinanza.

Ma la motivazione va forse ricondotta all’obiettivo principale del documento, che é quello di contestare l’efficacia giuridica della Claims Made.

[1]E’ singolare riscontrare che, dopo oltre vent’anni dalla diffusione in Italia, per questa formula di copertura siano ancora inesplorati tutti i limiti che la caratterizzano. Le carenze cognitive si riscontrano tra gli intermediari ma ancor più tra gli assuntori delle imprese che, salvo rare eccezioni, non hanno molta flessibilità (o autonomia?) nel modificare le condizioni contrattuali sotto il profilo normativo. Ne consegue sono diffuse formule e condizioni più disparate: solo a sinistro avvenuto emergono le carenze strutturali di questa copertura, quando i liquidatori entrano nel merito dell’interpretazione contrattuale. A questo stadio, é troppo tardi per porre rimedio….

Una parziale attenuazione dei limiti intrinseci di questa formula la si riscontra esclusivamente nelle coperture degli ordini professionali, dove l’esperienza su grandi numeri di sinistri ha messo in evidenza molte delle carenze delle convenzioni assicurative in atto sino allo scorso anno.

[2]Le uniche eccezioni sono riscontrabili ex lege nelle professioni sanitarie, per effetto dell’emanazione della “Legge Gelli”, e come prassi nelle polizze D&O più evolute e in alcune r.c. professionali.

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