Nel nesso causale tra attività lavorativa e malattia professionale, trova diretta applicazione la regola contenuta nell’art. 41 cod. penale, per cui il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell’equivalenza delle condizioni, secondo il quale va riconosciuta l’efficienza causale a ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell’evento, mentre solamente se possa essere con certezza ravvisato l’intervento di un fattore estraneo all’attività lavorativa, che sia di per sé sufficiente a produrre l’infermità tanto da far degradare altre evenienze a semplici occasioni, deve escludersi l’esistenza del nesso eziologico richiesto dalla legge.

Nel caso oggetto di decisione, relativo alla richiesta degli eredi di far dichiarare che la malattia che aveva portato al decesso del de cuius aveva trovato esclusiva origine nell’attività lavorativa dal medesimo svolta, la Corte d’Appello aveva fatto corretta applicazione degli indicati princìpi accertando l’efficacia quantomeno concausale dell’esposizione del lavoratore per un lunghissimo periodo alle radiazioni ionizzanti; la Corte d’Appello aveva, quindi, escluso in presenza di tale esposizione la riconducibilità della patologia, leucemia mieloide acuta, unicamente a cause estranee all’attività lavorativa, quali il fumo.

Cassazione civile sez. lav., 24/01/2018 n. 1770