di Valerio Testi
Azimut ha chiuso il 2016 con un utile netto di 172,7 milioni di euro, in calo dai 247,4 dell’esercizio precedente quando il gruppo beneficiò di un primo trimestre molto favorevole, nel quale le commissioni di incentivo crebbero in maniera significativa di pari passo ai mercati in fase rialzista. I ricavi, si legge in una nota, sono diminuiti a 705,7 milioni di euro, dato che si confronta con i 707,6 milioni del 2015. La posizione finanziaria netta è positiva per 192,3 milioni, in riduzione rispetto ai 336,3 milioni dell’anno precedente. Nell’anno comunque la società fondata e presieduta da Pietro Giuliani ha raggiunto 6,5 miliardi di raccolta netta (6,7 miliardi nel 2015), mentre le masse complessive (compreso l’amministrato) sono lievitate del 19% a 43,6 miliardi, di cui il 18% riferite all’extra Italia, che nel caso di Azimut significa soprattutto Australia, Brasile, Singapore, Turchia.

In virtù di questi risultati il cda proporrà all’assemblea dei soci la distribuzione di una cedola di un euro per azione con pagamento previsto per il 24 maggio (stacco cedola lunedì 22). Il dividendo dell’anno prima, distribuito in due tranche, era ammontato a 1,5 euro, ma in considerazione dei minori utili va considerato che il payout è stato mantenuto invariato attorno a quota 77%. Il cda ha nominato poi Alessandro Zambotti nuovo cfo del gruppo in sostituzione di Marco Malcontenti, di cui sono state annunciate tre giorni fa le dimissioni. Nel corso dell’esercizio, ha dichiarato l’ad Sergio Albarelli, la società ha conseguito una «performance media ponderata netta pari al 3,6% (superiore del 2% a quella dell’industria del risparmio gestito) e dell’1,6% nei primi due mesi del 2017».
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