di Paola Valentini
Pur con una leggera limatura rispetto al 2015, tutto sommato nel 2016 i rendimenti sono rimasti costanti. Nonostante i tassi delle obbligazioni ai minimi, le gestioni separate delle polizze Vita tradizionali (le cosiddette polizze di ramo I), speciali fondi assicurativi che investono principalmente in titoli a reddito fisso, hanno confermato anche nell’anno appena trascorso una stabilità di risultati. Come emerge dai dati raccolti da Milano Finanza tra 50 compagnie assicurative attive in Italia per un totale di oltre 300 gestioni separate, nel 2016 il rendimento lordo medio si è attestato attorno al 3,5% a fronte del 3,6% del 2015. L’analisi è stata condotta sia sulle gestioni separate che chiudono l’esercizio al 31 dicembre (nella prima tabella) sia su quelle con i rendiconti che non coincidono con l’anno solare (al 30 settembre 2016, al 31 ottobre o al 30 novembre, pubblicate nella seconda tabella). E anche allargando lo sguardo agli ultimi anni, i risultati medi, pur in presenza di un drastico calo dei tassi sui mercati, sono stati piuttosto costanti grazie alla possibilità per le gestioni separate di contabilizzare i titoli al costo storico (o valore di carico) e non al valore di mercato. Ciò permette ai rendimenti di non essere influenzati dalle oscillazioni quotidiane dei prezzi dei titoli, in quanto le compagnie non sono tenute a fare il cosiddetto mark-to-market; in sostanza dunque il rendimento è rappresentato dai flussi cedolari più eventuali plusvalenze (o minusvalenze) registrate in caso di vendita di titoli. Va inoltre segnalato che alcune di queste linee non sono più accessibili a nuovi investitori.

Il rendimento lordo delle gestioni separate è stato di norma, in passato, superiore al rendimento dei titoli di Stato, al tasso di rivalutazione del Tfr e all’inflazione. In base ai dati Ania, l’associazione delle compagnie assicurative presieduta da Maria Bianca Farina, nei cinque anni che vanno dal 2011 al 2015 le gestioni separate hanno reso in media, il 3,8% lordo, a fronte del 2,9% dei titoli di Stato (paniere di titoli con vita residua superiore a un anno), del 2,4% della rivalutazione del Tfr e dello 0,8% dell’inflazione. E anche il 2016 non ha fatto eccezione: il rendimento medio dei titoli di Stato è sceso allo 0,9%, quello del Tfr all’1,5%, mentre l’Italia lo scorso anno era in deflazione (solo in questi primi mesi del 2017 l’inflazione è tornata).
Il rendimento della gestione è determinato come il rapporto tra la somma di cedole, dividendi e realizzi di plus o minusvalenze rispetto alla giacenza media delle attività nel periodo di osservazione, generalmente annuale. Questo rendimento viene attribuito alle prestazioni assicurate in una determinata percentuale (in media l’80%) o al netto di una misura fissa dedotta dal rendimento lordo (attorno all’1%). In ogni caso alla fine il risultato non cambia molto. La performance al netto di questi costi trattenuti e delle tasse si aggira attorno al 2,5%. I guadagni, peraltro, si consolidano anno dopo anno, quindi i risultati ottenuti dalla gestione separata vengono in pratica bloccati, ferma restando la garanzia del capitale e il rendimento minimo garantito, quest’ultima però è una variabile sempre meno presente nei contratti. Se fino a pochi anni fa si trovavano rendimenti minimi che in media viaggiavano attorno al 2-2,5%, oggi la situazione dei mercati è tale per cui le compagnie possono non possono più permettersi di garantire questi ritorni. Tanto che dal primo gennaio 2016 , l’Ivass ha tolto l’obbligo per le imprese di assicurazione di rispettare un livello di tasso massimo garantibile. Le nuove polizze in commercio sono quindi molto meno generose di quelle di una volta perché le obbligazioni hanno visto nel frattempo ridursi i rendimenti. C’è stato quindi un netto ridimensionamento rispetto alle performance superiori al 10% registrate dalle gestione separate negli anni 80, ma bisogna considerare che allora anche l’inflazione era tra il 5 e il 10%, mentre oggi, pur in ripresa, è poco sopra l’1% (e resta anche da verificare la sostenibilità della mini fiammata dei prezzi di questo inizio 2017). Parallelamente, i titoli di Stato (che restano l’investimento prevalente di queste polizze) a quei tempi rendevano oltre il 10% e ora sono ai minimi, mettendo in non poche difficoltà i gestori assicurativi. Non a caso alcune gestioni hanno iniziato ad ampliare il bacino di investimento puntando sulle obbligazioni societarie e sui fondi, accanto ai tradizionali Btp.

Come ha fatto chi ha messo a segno i migliori rendimenti del 2016? Sulle 300 analizzate sono 80 le gestioni separate con un risultato lordo superiore al 4%. Mentre se si restringe lo sguardo al vertice della classifica sono 15 le gestioni che hanno reso dal 5% in su, di cui sei appartengono a Unipol Sai. Al primo posto c’è Reale Mutua la cui linea Reale ha fatto il 5,79%. Si tratta di una gestione che chiude il bilancio al 31 ottobre e che anche in un anno complesso come il 2016, ha dato prova di buona resistenza: nel 2015 il suo rendimento era stato del 6,07%. È una delle storiche gestioni del gruppo Reale Mutua, essendo nata nel novembre del 1987. Le gestioni più datate hanno titoli che offrono cedole ancora piuttosto generose. La progressiva scadenza di questi titoli renderà difficile ripetere le performance, come accade alle nuove polizze che oggi si trovano ad acquistare titoli con tassi ai minimi. Per tutte, comunque, resta il problema di dove investire la raccolta che arrivano nelle loro casse. Che non è poca. Pur in leggera diminuzione (-3,8%) rispetto al 2015, i flussi sul ramo I anche nel 2016 sono risultati sui massimi, confermando il suo ruolo principale con una raccolta di 61,3 miliardi, oltre il 70% dell’intera nuova produzione vita (84,2 miliardi), e battendo anche i fondi aperti la cui raccolta lo scorso anno è stata di 34,5 miliardi. Per poter far fruttare questa nuova massa di denaro le compagnie iniziano quindi a diversificare. Ad esempio a fine ottobre 2016 Reale aveva in portafoglio prevalentemente Btp per 156 milioni di euro, in calo dai 201 milioni del 31 ottobre 2015. Nel corso dell’ultimo anno Reale ha visto diminuire la concentrazione in titoli di Stato italiani a favore delle obbligazioni societarie in euro (da 40 a 54 milioni) e dei titoli di Stato in euro di altri Paesi (da 38 a 57 milioni). Reale ha anche diversificato una piccola quota in fondi comuni (5,4 milioni). Di un soffio sotto la Reale, con un rendimento del 5,78%, c’è la gestione Gestiprev di Unipol Sai (chiude il bilancio al 31 dicembre). Le altre gestioni targate Unipol Sai che hanno superato il 5% sono Dante (5,52%), Vita Press (5,42%), Artemis (5,2%), Serie dollaro Usa (5,01%) e la linea Sì (5%). Tra gli altri big è ben posizionato anche il gruppo Generali con le gestioni Liquidagevole (5,47%) e Royal Fund (5,05%) di Generali Italia, mentre sono proposte da Genertel Life le gestioni Futuro Plus e Sovrana, con un rendimento per entrambe del 5%.

Per tenere testa ai tassi bassi alcune compagnie hanno scelto di fondere alcune gestioni separate della casa in modo da abbassare i costi e ottenere una maggiore efficienza operativa. L’ultimo esempio in ordine di tempo è quello di Sara Vita che dal primo gennaio scorso ha incorporato le gestioni Fondo Soci e Orizzonti 2000 nella gestione Fondo Più che ora si chiama Fondo Più New. Un altro elemento da tenere in conto riguarda il fisco. Le polizze di ramo I sono esenti dall’imposta di bollo che colpisce con aliquota dello 0,2% quasi tutti gli strumenti finanziari. Inoltre le gestioni separate investono buona parte dei portafogli in titoli di Stato che sono soggetti all’imposta sul capital gain non con l’aliquota del 26%, ma con quella ridotta del 12,5%. Altro punto di forza di questo tipo di contratti è l’impignorabilità e l’insequestrabilità dei capitali. Senza dimenticare che la tassazione dei capital gain delle polizze Vita è differito al momento del disinvestimento. Ma negli ultimi anni c’è stata una stretta sulla tassazione delle plusvalenze. Fino a fine 2014 i redditi corrisposti ai beneficiari della polizza Vita in caso di morte dell’assicurato godevano di un’esenzione totale, mentre ora vengono soggetti a imposizione fiscale per la parte del capitale non relativa alla copertura del rischio morte. In ogni caso le polizze Vita restano esenti dall’imposta di successione e non fanno parte dell’asse ereditario, quindi il contraente può scegliere a chi destinare le somme del contratto a patto di non ledere la legittima. Come rovescio della medaglia, le polizze tradizionali presentano costi iniziali che possono essere piuttosto salati. Altro punto da considerare è il riscatto prima della scadenza, che può essere penalizzante soprattutto se chiesto durante i primi anni del contratto. Da sottolineare, infine, come si accennava, che non tutto il rendimento viene retrocesso al cliente, ma al compagnia trattiene una quota a copertura dei costi di gestione. (riproduzione riservata)

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