Anche per la Corte Suprema di Cassazione, a Sezioni Unite (civili, sentenza numero 7304  del 22 marzo 2017)  il danno ingiusto  da ritardo è risarcibile.

La fonte del pregiudizio lamentato dal privato nel suddetto caso di ritardo nell’adozione del provvedimento richiesto non è tanto la violazione dei termini (perentori o ordinatori) previsti per la conclusione del procedimento amministrativo, quanto il ritardo nell’attribuzione del “bene della vita.

di Sonia Lazzini

Attenzione: essendo stata decisa  la giurisdizione del giudice ordinario, potrebbe essere coinvolto anche il singolo responsabile del procedimento e non solo la pa intesa come apparato (come avviene davanti al giudice amministrativo) da qui l’esigenza di un polizza a copertura delle perdite patrimoniali anche per le singole persone.

La diligenza esigibile dalla P.A. nel compimento dei propri atti, ivi compresa l’adozione di provvedimenti amministrativi, va valutata col criterio dettato dagli artt. 1176, secondo comma,cod. civ. applicabile anche alle ipotesi di responsabilità extracontrattuale, che, riferito all’Amministrazione pubblica in conformità con l’art. 97 Cost., comporta che la P.A. adotti comportamenti rispettosi della legge, efficienti e tempestivi.

I principi del giusto procedimento amministrativo di cui alla legge n. 241 del 1990, principi ai quali, come affermato dalla Corte costituzionale – in più occasioni e, in particolare, nella sentenza n. 310 del 2010 – “va riconosciuto il valore di principi generali, diretti ad attuare sia i canoni costituzionali di imparzialità e buon andamento dell’amministrazione (art. 97, primo comma, Cost.), sia la tutela di altri interessi costituzionalmente protetti, come il diritto di difesa nei confronti della stesse amministrazione (artt. 24 e 113 Cost.; vedi anche sentenza n. 104 del 2006)”. Ciò anche perché un’azione amministrativa che riesce a conformarsi ai suddetti principi  risulta più agevolmente indirizzata al rispetto dei canoni della economicità e dell’efficacia, con il conseguente deflazionamento del contenzioso nei confronti della stessa P.A., che comporta una virtuosa riduzione dei relativi costi umani e materiali, altrimenti molto elevati sia per l’Amministrazione sia per i privati.

Il d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, art. 133, comma 1, lett. a), (Codice del processo amministrativo) – entrato in vigore il 16 settembre 2010 – dispone che, salvo ulteriori previsioni di legge, sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo “le controversie in materia di risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento amministrativo”.

Tale norma, peraltro, era già stata introdotta nell’ordinamento dalla L. 7 agosto 1990, n. 241, art. 2-bis, inserito dalla legge n. 69 del 2009, art. 7, comma 1, lett. c) – secondo cui: “Art. 2-bis
(Conseguenze per il ritardo dell’amministrazione nella conclusione del procedimento). –
1. Le pubbliche amministrazioni e i soggetti di cui all’art. 1, comma 1-ter, sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine di conclusione del procedimento.
2. Le controversie relative all’applicazione del presente articolo sono attribuite alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. Il diritto al risarcimento del danno si prescrive in cinque anni” -, articolo in seguito abrogato a far data dal 16 settembre 2010, limitatamente al comma 2, dall’art. 4, n. 14, delle norme di coordinamento ed abrogazioni, di cui all’allegato 4 dello stesso codice del processo amministrativo.

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