Un’azienda di bevande che propone una cioccolata calda ai visitatori di un centro commerciale in pieno agosto, attraverso un messaggio sui cellulari. Una promozione folle? No, se l’azienda sa che di lì a due ore arriverà una grandinata che potrebbe invogliarne il consumo. Esempio di come i big data nel marketing possano fare la differenza fra un’occasione d’acquisto creata e una persa.

Del tema si è parlato ieri durante uno degli workshop del 1° Milano Marketing Festival e il caso precedente è stato raccontato da chi ha investito molto sulle soluzioni di data analysis negli ultimi anni, Ibm.

In realtà il gruppo è andato oltre con Watson: in principio un supercomputer, oggi la tecnologia alla base delle soluzioni cognitive di Ibm. «Watson», ha spiegato Luca Altieri, direttore marketing e comunicazione di Ibm Italia, è in grado di leggere, capire e interpretare grandissime quantità di dati. Più legge più impara. Ed è lo strumento che usiamo e offriamo nelle nostre soluzioni ai clienti per capire e interpretare i big data». Altro cliente di Ibm su queste soluzioni è Moncler, che è stato in grado di individuare i cosiddetti «advocate» online del proprio marchio, ovvero persone affini alla marca e ai suoi valori che se coinvolte efficacemente avrebbero permesso di aumentare la visibilità e l’efficacia dei messaggi nella propria rete di conoscenze. Ora, sulla base degli insight raccolti, Moncler e Ibm stanno creando nuove campagne di marketing digitale tese a coinvolgere proprio queste figure chiave.

«La digitalizzazione ha portato a una grande individualizzazione del consumatore», ha detto Luca Bordin, general manager media sales & solutions di Nielsen, «per questo serve approcciare i big data: lasciamo continuamente tracce grazie ai dispositivi connessi. Non è facile utilizzarli, ma la nostra società si muove sul futuro prossimo, sul what’s next e non si può fare a meno di reagire in tempo reale. Per questo Nielsen ha unito da diverso tempo le tecniche statistiche tradizionali a prodotti che funzionano in real time sui big data. È una rivoluzione: i big data analizzano il comportamento effettuato, non quello dichiarato, e i marketers si stanno trasformando in data scientist».

Ma qual è il percorso che porta a un buon utilizzo dei dati? «È un approccio bivalente», ha raccontato Susi Tondini, founder e ceo di Crea. «C’è l’approccio scientifico e poi quello umano, l’human touch, che serve per interpretare. I dati in real time sono molti ma anche diversi e l’indagine deve andare oltre, chiedersi da cosa è spinto un determinato comportamento del consumatore. La creatività ti aiuta a trovare la ragione. Una volta che hai trovato gli insight li distribuisci agli stakeholder. Così si crea valore dai dati».

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