Su Solvency 2 rimangono ancora nodi da sciogliere, serve un profondo cambiamento culturale nel settore assicurativo.

Lo ha detto nel corso del suo intervento di apertura a un convegno il presidente dell’Ivass, Salvatore Rossi, sottolineando che “nonostante i lunghi e complessi lavori preparatori, rimangono nodi da sciogliere; alcuni aspetti e dettagli non sembrano, aggiungerei, pienamente compresi”. “Nel nostro lavoro quotidiano – ha proseguito – ci imbattiamo continuamente in problemi di attuazione, ci chiediamo come affrontare nel concreto questo o quell’aspetto di Solvency 2”.

Secondo Rossi, “innanzitutto, dobbiamo stimolare e agevolare un profondo cambiamento culturale nel settore assicurativo. Il passaggio dall’approccio “Solvency I” statico e basato su dati storici a uno prospettico come quello di Solvency 2 è rivoluzionario. Non è retorica: nel settore bancario la stessa rivoluzione, avvenuta ormai molto tempo fa, ha richiesto anni per essere assimilata da tutti gli stakeholders. In un ambiente dominato dal rischio le autorità di vigilanza sono tenute a “sfidare” sistematicamente le imprese, a verificare la loro attitudine al rischio e a controllare come i rischi sono individuati, misurati e gestiti; per esempio, i supervisori dovrebbero incontrare periodicamente i consigli di amministrazione delle imprese per un confronto sul profilo di rischio e sulle strategie di lungo termine”, ha spiegato.

“Abbiamo un gap culturale da colmare e dobbiamo farlo insieme. È importante perseverare, cercare di progredire ogni giorno – passo dopo passo, ma costantemente – verso l’obiettivo principale: un approccio prospettico nella valutazione dei rischi e delle vulnerabilità. Siamo tutti chiamati a rivedere filosofia e approccio: i supervisori nell’analisi delle segnalazioni di vigilanza; le imprese, ad esempio, nella preparazione dell’Own Risk and Solvency Assessment (ORSA)”, ha detto.

Senza dubbio una delle sfide più impegnative per il settore assicurativo è quello della tenuta nonostante un periodo prolungato di rendimenti bassi.

Secondo Rossi “il mercato assicurativo, in tutto il mondo, è ora di fronte a una sfida ben più impegnativa di quella posta da un cambiamento, per quanto radicale, delle regole del gioco. Una sfida da combattere su due fronti. Uno strutturale: l’innovazione tecnologica. L’altro, apparentemente di natura congiunturale, ma che ormai tende ad assumere una connotazione strutturale: il contesto di rendimenti finanziari bassi e volatili nel quale stiamo vivendo da anni. Ho detto bassi, ma avrei potuto dire negativi, almeno con riferimento al segmento a breve termine”.

“Quanto velocemente le nuove tecnologie scompagineranno gli attuali modelli di business? Fino a quando le politiche monetarie manterranno i tassi di interesse ai livelli attuali, o anche piu’ bassi? Nessuno puo’ dirlo, ogni opinione è legittima. Quello che è certo è che l’intero mondo assicurativo ne è scosso fin nelle fondamenta”.

Secondo Rossi, “capire le tendenze e le sfide sottostanti alla condizione attuale del mercato assicurativo dovrebbe essere obiettivo comune di regolatori e imprese. Al momento siamo chiamati a lavorare insieme per far si’ che l’attuazione di Solvency 2 sia il più possibile fluida ed efficace, anche al fine di rendere il settore assicurativo capace di resistere ai venti contrari di oggi e di cogliere le opportunità di domani”.

“Un secondo elemento, che considero ormai la priorità assoluta per il sistema di supervisione a livello europeo, è l’armonizzazione e la convergenza delle prassi di vigilanza”.

Rossi ha sottolineato che “è impensabile che si possa gestire in modo coerente un nuovo impianto regolamentare se si accetta per troppo tempo che il campo di gioco non sia livellato, che vi siano differenze di approccio tra i supervisori nazionali, e discriminazioni in materia di protezione degli assicurati tra i vari paesi”.

“Questo – ha continuato – è accaduto spesso con Solvency I, in un quadro comunitario di “armonizzazione al minimo” che ha consentito il diffondersi di peculiarita’ nazionali. Solvency 2 limita fortemente tali specificità e dunque facilita il lavoro per armonizzare le pratiche di vigilanza, nell’ottica di una supervisione sul settore assicurativo che sia davvero condivisa a livello europeo”, ha concluso Rossi.

Sull’argomento Titoli di Stato sono intervenuti anche altri relatori, come Maria Bianca Farina, presidente ANIA, secondo la quale l’ipotesi di “un capital charge sui titoli di Stato è illogica”.
L’illogicità della proposta  si verifica quando un’azienda ha la maggior parte del business nello Stato stesso. Farina, riprendendo un tema già toccato dal presidente dell’Ivass ha osservato che “la persistenza dei bassi tassi d’interesse ci dovrà indurre a cambiare il modo di fare l’assicurazione”. Oggi “gestiamo questa fase con le Unit e i prodotti ibridi ma dovremo cambiare anche i prodotti tradizionali. La sfida che abbiamo davanti è che dovremo trasformarci nel cercare nuove modalità nella gestione del risparmio a medio e lungo termine”.

Introdurre una ponderazione di rischio sui titoli di Stato è, secondo l’ad di Unipol Carlo Cimbri, ‘una mostruosità che si aggiunge a una struttura ibrida’. Cimbri premette di parlare da cittadino nell’avvisare del rischio che si sta correndo in quella che definisce una partita tra Stati europei e che è importante ci sia ‘piena consapevolezza da parte di chi ci governa.
La struttura ibrida è l’Europa di oggi con pezzi di sovranità trasferiti da parte dei singoli stati. Le nuove regole di Solvency spingono le imprese assicurative ad investire in titoli governativi “perché i ricarichi di capitale sono insostenibili per altre forme di investimento”. In questo nuovo contesto normativo ipotizzare una ponderazione sui titoli si Stato “crea asimmetrie competitive tra Paesi e tra imprese di questi Paesi”.