Corte Suprema di Cassazione, Sezione III, sentenza numero 4380 del 7 marzo 2016

Di Sonia Lazzini

La Corte d’appello ha escluso qualsiasi nesso di causa tra il materiale di cui era composta la tuta, e lo sprigionarsi o l’aggravarsi dell’incendio. Pertanto, anche a ritenere che l’azione speciale prevista dal d.p.r. 224/88 non fosse prescritta, nessuna decisione diversa avrebbe potuto prendere il giudice di merito, in virtù del pacifico principio secondo cui

 “nell’ipotesi di responsabilità civile da prodotti difettosi, disciplinata dal d.P.R. 24 maggio 1988 n. 224, il danneggiato deve provare il danno, il rapporto causale con l’uso del prodotto e che questo uso ha comportato risultati anomali rispetto alle normali aspettative, tali da evidenziare la mancanza della sicurezza che ci si poteva legittimamente attendere, ai sensi dell’art. 5 del d.P.R. citato, mentre il produttore è tenuto a dimostrare che il difetto non esisteva quando il prodotto è stato messo in circolazione”.

 

(Sez. 3, Sentenza n. 20985 del 08/10/2007, Rv. 599815; sostanzialmente nello stesso senso, si veda altresì Sez. 3, Sentenza n. 13458 del 29/05/2013, Rv. 626816, secondo cui “la responsabilità da prodotto difettoso ha natura presunta, e non oggettiva, poiché prescinde dall’accertamento della colpevolezza del produttore, ma non anche dalla dimostrazione dell’esistenza di un difetto del prodotto. Incombe, pertanto, sul soggetto danneggiato – ai sensi dell’art. 8 del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 224 (trasfuso nell’art. 120 del cd. “codice del consumo”) – la prova del collegamento causale non già tra prodotto e danno, bensì tra difetto e danno”).