di Marcello Bussi

Immediata euforia, presto seguita da una grande delusione. Una notte per pensarci su a mente fredda, e il giorno dopo di nuovo euforia per tutta la durata della seduta. Questa la reazione delle borse europee alle mosse decise dal Consiglio direttivo della Bce di giovedì 10 marzo. Ma è difficile dire quale dei due sentimenti prevarrà nella nuova ottava.

Di certo ormai le banche italiane sono in una posizione invidiabile dal punto di vista borsistico. Si può comprare a man bassa. Prometeia ha infatti calcolato che grazie alle nuove aste Tltro della Bce agli istituti di credito della Penisola «potrebbero arrivare fino a 317 miliardi di euro in più di finanziamenti a lungo termine (il 30% dello stock di prestiti eleggibili al 31 gennaio 2016), che ridurranno ulteriormente l’esigenza di emettere bond per rimpiazzare quelli in scadenza nei prossimi mesi, proteggendosi così dalla volatilità del mercato. Questo effetto dovrebbe essere in grado di contrastare l’impatto negativo di tassi più bassi sul conto economico». Anche se bisogna ancora aspettare i dettagli tecnici delle nuove Tltro (si sa che il diavolo si nasconde lì). Ma la novità rivoluzionaria è che la Bce con le Tltro erogherà nuovi finanziamenti alle banche con tassi che potrebbero arrivare fino al -0,40% a seconda della quantità di denaro che queste ultime presteranno all’economia reale. In poche parole, la Bce pagherà le banche se daranno credito alle famiglie e alle imprese. Paradossale, ma anche meraviglioso. Purtroppo la stessa Bce impone alle banche regole prudenziali molto stringenti, che limitano la loro capacità di prestare denaro. Alla fine, quindi, c’è il rischio che gli istituti di credito concedano prestiti solo a imprese talmente solide da non avere un concreto bisogno di finanziamenti. Con il rischio di depotenziare la portata delle Tltro sull’economia reale. Ma poco importa alle borse, almeno nel breve termine. Qui la festa delle banche può continuare se ha ragione Deutsche Bank a stimare che, grazie alle diverse iniziative previste dall’istituto di Francoforte, i loro utili netti saliranno di 3,2 miliardi di euro, di cui la metà saranno appannaggio di quelle italiane e spagnole. Anche il rafforzamento del Qe, con gli acquisti di bond aumentati da 60 a 80 miliardi di euro al mese, rischia di beneficiare solo chi è già forte. La Bce ha infatti deciso di comprare anche obbligazioni emesse da società non finanziarie, purché siano investment grade. Anche in questo caso piove sempre sul bagnato. Certo, i costi di finanziamento di queste società diminuiranno, ma le situazioni di crisi non verranno toccate da queste misure. In poche parole, resta irrisolto il problema dei non performing loans, la vera palla al piede delle banche e dell’economia della zona euro. Ecco perché si levano voci che chiedono un intervento della Bce anche in questo senso. Ma è veramente difficile che si concretizzi a breve. Anche perché l’opposizione della Bundesbank sarebbe durissima. Le ultime decisioni dell’Eurotower sono state prese a schiacciante maggioranza. Gli unici no sono arrivati dalla tedesca Sabine Lautenschlaeger, membro del Comitato esecutivo, e dal governatore della Banca centrale olandese, Klaas Knot. Ovviamente si è schierato all’opposizione anche il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, che però in questa riunione non aveva diritto di voto. Ma alle prossime sì. E, a giudicare dalla violenta reazione della stampa tedesca alle nuove mosse della Bce, è pronto a stroncare ogni iniziativa con una raffica di nein. Secondo il quotidiano finanziario Handelsblatt, le misure adottate da Draghi «stanno fomentando la rivolta dei risparmiatori tedeschi». Su di loro la politica dei tassi a zero e del Qe ha effetti devastanti. Come ha osservato Carsten Klude, economista di Mm Warburg, «si sono sentiti ripetere per anni che avrebbero dovuto risparmiare per quando sarebbero stati anziani». E adesso quasi l’80% dei titoli di Stato tedeschi, con un volume totale di 880 miliardi di euro, ha rendimenti negativi. Secondo Olaf Stotz, docente di asset management della Scuola di Finanza di Francoforte, ha calcolato che un trentacinquenne dal reddito medio con un aspettativa di vita di 79 anni nel 2007 avrebbe dovuto mettere da parte 168 euro al mese per mantenere lo stesso tenore di vita negli anni della pensione. Per raggiungere questo risultato, a causa della caduta dei rendimenti dei titoli di Stato, dovrebbe mettere da parte 360 euro al mese, più del doppio. Al momento non sono stati fatti calcoli analoghi per i pensionandi italiani. Ma è facile immaginare la reazione di quelli tedeschi alla lettura di questa stima. Alla fine passa il messaggio che per salvare l’Italia dal fallimento con il Qe si massacrano le pensioni dei probi risparmiatori tedeschi. E la stessa Bce non dà speranze a questi ultimi. I piani pensionistici sono a lungo termine, è chiaro che se per un anno ci sono rendimenti negativi non è un dramma. Purtroppo i tecnici dell’Eurotower hanno appena diffuso le stime di inflazione per il 2018: +1,6%. Questo significa che nemmeno allora sarà stato raggiunto l’obiettivo di un indice dei prezzi al consumo di poco inferiore al 2%. Di conseguenza, il Qe andrà avanti per almeno altri due anni. Queste stime dimostrano che nemmeno l’Eurotower crede all’efficacia miracolosa delle misure appena adottate, almeno sul fronte dell’inflazione. Nel corso della conferenza stampa seguita al Consiglio direttivo, Draghi si è spinto a dire che nella zona euro non si sono ancora materializzati incrementi significativi dei salari, tali da fare aumentare l’inflazione. Affermazione clamorosa, visto che da anni il presidente della Bce chiede riforme volte ad aumentare la produttività e la competitività che si traducono anche in un taglio dei salari. Le prossime riunioni dell’Eurotower rischiano di trasformarsi in un campo di battaglia fra Draghi e Weidmann. Quest’ultimo al momento ha pochi alleati. Ma se lo stato di salute dell’economia reale non dovesse dare segnali tangibili di miglioramento, i mercati chiederebbero ulteriori rafforzamenti del Qe. Non è chiaro fin dove potrebbe spingersi Draghi. E chissà se il governatore della Banca di Francia, François Villeroy de Galhau, se la sentirà di continuare a seguirlo. Ma ci si penserà fra qualche mese. Nel frattempo i titoli bancari in borsa potranno continuare a stappare lo champagne. (riproduzione riservata)
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