Non ci sarà nessun licenziamento nella nuova banca che nascerà dall’aggregazione tra Bpm e Banco popolare, così come non sono previste cessioni di asset e altri aumenti di capitale post-fusione, che attuerà invece un significativo piano di riduzione delle sofferenze: lo hanno annunciato i due amministratori delegati, Giuseppe Castagna (Bpm) e Pier Francesco Saviotti (Banco) presentando ufficialmente l’operazione.

«Le voci sui licenziamenti sono stupidaggini che non esistono: non ci saranno interventi drammatici, chi uscirà lo farà perché vorrà partecipare ai fondi di solidarietà», ha affermato Castagna. «Nel piano daremo numeri più precisi, ma dal livello di sinergie che abbiamo indicato (365 milioni annui, ndr) è evidente che non si tratta di numeri particolarmente rilevanti».

La banca che nascerà sarà «solida», ha assicurato Castagna, «partiamo nel modo migliore che si poteva: l’istituto sarà un leader nazionale, con un radicamento territoriale privilegiato».

Non solo. La nuova realtà, la terza in Italia dopo Unicredit e Intesa, si porrà in futuro come polo aggregante: «In futuro la banca sarà anche un punto di riferimento per altri soggetti. Al momento, però, non è nostra intenzione guardare ad altre aggregazioni, abbiamo un impegno oneroso da portare a termine e vogliamo farlo nel più breve tempo possibile e con il maggiore successo possibile. Per ora ci concentriamo solo su questo». Non c’è nessun obbligo di effettuare cessioni.

Saviotti, dal canto suo, ha scherzato sui rigidi requisiti patrimoniali richiesti dalla Bce: «Le autorità vogliono che la banca si presenti al mercato nel miglior modo possibile. La vogliono alta, bionda, con gli occhi azzurri, bella e ricca e noi abbiamo scelto di prendere il toro per le corna e partecipare attivamente alla nascita della terza banca nazionale. È una soluzione utile per il Banco, per la Bpm e per il paese».

Castagna ha poi smentito la necessità di un altro aumento di capitale, dopo quello da un miliardo che dovrà effettuare il Banco popolare, peraltro ancora contestato da Saviotti: «Una richiesta eccessiva, ma lo faremo. Ritenevo che le due banche insieme avrebbero potuto gestire le sofferenze senza necessità di un aumento di capitale e rispettando i parametri considerati necessari dalla Bce». L’a.d. del Banco ha definito «ragionevole» pensare all’utilizzo di un convertendo o di un prodotto «che non è il tipico aumento di capitale con diritto di opzione». Inoltre le due banche si focalizzeranno su un significativo piano di riduzione dei crediti non performanti fino a 10 miliardi di euro nominali entro il 2019.

Quanto ai tempi tecnici, il rilascio delle autorizzazioni da parte delle autorità di vigilanza è atteso entro agosto. In aprile sarà conclusa la due diligence con la predisposizione di un piano industriale congiunto. L’assemblea del Banco popolare per l’aumento di capitale si terrà a inizio maggio, quindi a metà maggio i consigli approveranno il progetto di fusione. Entro ottobre si terranno la ricapitalizzazione del Banco e le assemblee per il via libera definitivo, che sarà efficace entro il mese di novembre.

Piazza Affari non ha tuttavia brindato all’annunciata fusione: Bpm ha ceduto il 5,35% a 0,6725 euro e B. Popolare il 4,81% a 6,93 euro. Diversi analisti hanno spiegato che vi sono elementi di incertezza, a cominciare dalle modalità dell’aumento di capitale del Banco. Inoltre i due istituti stimano di realizzare tutte le sinergie per il 2018: un periodo di tempo ritenuto troppo breve. Paiono ottimistici anche i numeri relativi alle sinergie, considerato che non sono previste riduzioni di personale.

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