L’operazione è scattata ufficialmente il 1° marzo, come previsto dalla legge di Stabilità 2015 (la legge n. 190/2014) che ha introdotto la possibilità di monetizzare il tfr in busta paga.

I lavoratori dipendenti possono decidere di ricevere il tfr mensilmente in busta paga, anziché a fine carriera (come «buonuscita»). La scelta è possibile solo ai dipendenti del settore privato e riguarda solo il tfr ancora da maturare dal mese di marzo 2015 a quello di giugno 2018. Sono fuori i dipendenti pubblici e, inoltre, domestici e settore agricolo nonostante appartengano al settore privato. Sono inoltre esclusi i datori di lavoro in crisi o soggetti a procedure concorsuali; ciò significa che i dipendenti di queste aziende avranno preclusa la possibilità di scegliere la liquidazione in busta paga. La scelta, una volta fatta, è irrevocabile. Perciò chi decida in questo senso, poi non potrà fare marcia indietro: fatta la scelta, non potrà più revocarla fino a giugno 2018.

La scelta è possibile anche a chi abbia già destinato il tfr a fondo pensione. In tal caso si tratterà dunque di uno scambio: rinuncia a investire il tfr per una pensione integrativa in cambio del «supplemento» (la quota di tfr mensile) in busta paga. Sul tfr che va in busta paga, attenzione però, i lavoratori pagheranno le tasse per interno (e non «scontate», come quando il tfr è incassato a fine carriera).

Infine, è prevista un requisito per i lavoratori ammessi alla scelta: l’anzianità di servizio. Infatti, i lavoratori che possono optare per il tfr in busta paga devono lavorare da almeno sei mesi presso il datore di lavoro.