di Anna Messia

Svalutazioni e oneri straordinari, oltre che minori oneri deducibili. Sono questi i fattori che, insieme alla contrazione dei volumi del servizio postale, hanno spinto in basso l’utile 2014 delle Poste Italiane, chiuso con un risultato netto di 212 milioni rispetto a 1,005 miliardi del 2013. Del resto l’amministratore delegato, Francesco Caio, aveva lanciato l’allarme sui conti già a settembre, presentando la semestrale chiusa con un risultato di 222 milioni contro i 362 milioni del giugno 2013.

Secondo il ceo i numeri del secondo semestre 2014 sarebbero stati inferiori all’analogo periodo del 2013, a causa, in particolare, della progressiva contrazione dei volumi e dei ricavi della corrispondenza tradizionale. Ma i risultati presentati ieri sono stati probabilmente peggiori delle previsioni, visto che l’utile dell’intero anno (212 milioni) è stato addirittura più magro di quello presentato con la semestrale di giugno (222), con una perdita quindi, nel secondo semestre di 10 milioni. Eppure nell’intero anno i ricavi totali sono aumentati da 26 a 29 miliardi, beneficiando in particolare della crescita dei premi assicurativi. Molto bene è andata Poste Vita, che nel 2014 ha realizzato una raccolta premi di 15,5 miliardi, a fronte di 13,2 miliardi del 2013, raggiungendo 711 mila adesioni nel comparto dei piani pensionistici. Mentre il totale del risparmio gestito dal gruppo è salito del 6%, a 459 miliardi. 
Ma il risultato operativo si è praticamente dimezzato, da 1.400 milioni a 691 milioni. «La contrazione è ascrivibile sostanzialmente alla riduzione dei volumi della corrispondenza», hanno dichiarato da Poste, oltre che «ai maggiori oneri straordinari per 242 milioni destinati al processo di trasformazione definito nel piano industriale». Insomma, in questi numeri c’è l’effetto zavorra del servizio di recapito, che Poste sta tentando di eliminare con la ridefinizione del servizio universale e delle tariffe sulle lettere, in questi giorni al vaglio dell’Agcom. Ma c’è anche l’avvio del rilancio, visto che sono stati contabilizzati anche investimenti per 242 milioni. La contrazione del risultato netto è però, come visto, ben più pesante di quella dell’utile operativo, perché c’è stata anche la svalutazione di 75 milioni della partecipazione detenuta in Alitalia Cai, già rilevata nel primo semestre dell’anno, e minori benefici fiscali rispetto allo scorso anno. A pesare è stato in particolare «la maggiore incidenza delle imposte sul reddito dell’esercizio che passa dal 34% del 2013 al 70% del 2014», hanno dichiarato dalle Poste e, per di più, nel 2013 c’era il contributo positivo di 223 milioni di euro di crediti d’imposta. In ogni caso Caio dovrà partire da questi numeri per avviare il processo di privatizzazione, che l’azionista ministero dell’Economia vuole chiudere entro l’anno. «Il gruppo ha approvato una profonda trasformazione per affrontare una nuova fase di crescita e sviluppo», ha dichiarato ieri Caio commentando i dati, ribadendo che «la privatizzazione costituisce un elemento centrale del nuovo piano». Il bilancio 2014 si è però chiuso anche con un utile per azione crollato da 0,769 di fine 2013 a 0,162 euro della fine del 2014. Un numero che gli analisti guardano con particolare attenzione e a questi valori non sarà facile convincere il mercato ad investire su Poste Italiane, scommettendo sul cambiamento avviato da Caio. (riproduzione riservata)