è fantasioso pensare che l’impennata delle vendite di fuoristrada e crossover derivi dalla necessità di affrontare adeguatamente le pessime condizioni in cui versano le strade italiane. Ma è un fatto, purtroppo, che la rete viaria nazionale, sia statale che provinciale, sia un colabrodo. Un fatto che provoca molteplici ricadute sulla mobilità aziendale: interventi di manutenzione più frequenti per i danni che subiscono pneumatici e organi delle sospensioni e dello sterzo, riduzione della velocità commerciale (in particolare su certe arterie alternative alla viabilità autostradale, l’unica a presentare un fondo accettabile), aumento sensibile del rischio d’incidenti.

La gravità della situazione è denunciata dal Siteb – l’Associazione dei costruttori e manutentori delle strade – che raccoglie ed elabora i dati relativi al consumo di asfalto, principale indicatore dello sviluppo dell’industria stradale. Dopo l’emergenza maltempo di inizio anno, una strada non correttamente mantenuta su due è a rischio, come testimonia il record negativo di consumo di asfalto (conglomerato bituminoso) registrato a fine 2014: circa 21 milioni di tonnellate impiegate per costruire e tenere in salute le nostre strade, in costante calo negli ultimi 8 anni dalle 44 milioni di tonnellate utilizzate nel 2006. La cattiva manutenzione e la segnaletica non adeguata sono corresponsabili di una parte significativa degli incidenti che avvengono sulle nostre strade.

I dati evidenziano come anche nel 2014 sia proseguita la fase recessiva (ininterrotta da 8 anni), che ha portato dalle 44 milioni di tonnellate di asfalto alle circa 21,8 dello scorso anno (-2% rispetto al 2013); un nuovo record negativo che riporta indietro le lancette degli investimenti sul patrimonio stradale (850 mila km di strade principali extraurbane, cittadine, secondarie o private) di quasi trent’anni, quando il parco veicoli circolante che le percorreva era decisamente meno consistente. Allo stato attuale, per tenere in salute le strade italiane occorrerebbe impiegare 40 milioni di tonnellate annue, poco meno del doppio di quelle registrate lo scorso anno.

Inevitabili quindi le conseguenze sulla mobilità di cittadini e merci: molti manti stradali sono al collasso e cedono sotto i colpi delle violenti piogge e delle nevicate anche a bassa quota di un mese fa. Le arterie più colpite sono le comunali (urbane ed extraurbane) per le sempre più scarse risorse a disposizione dei Comuni, ancora stretti dal patto di stabilità, e le provinciali, sulla cui competenza dopo il taglio delle Province resta ancora poca chiarezza. Situazioni di particolare allerta per la circolazione in sicurezza di auto e motocicli si segnalano a Roma e Milano. La condizione critica non rientrano le autostrade (circa 6.600 km) su cui scorre una parte significativa del traffico merci e passeggeri.

L’attuale assenza di manutenzione, che fa seguito ad anni di interventi spesso solo superficiali ed effimeri, tesi a tamponare l’emergenza, alla lunga rischia di produrre un incremento degli incidenti stradali: una strada (priva di manutenzione) su 2 è a rischio.

«La rete stradale», dichiara il presidente Siteb, Michele Turrini, «è un bene primario e fondamentale per lo sviluppo economico di un Paese ed è un patrimonio che va preservato e tutelato. Non metterci mano oggi con investimenti adeguati vuol dire assistere inermi al suo depauperamento e rischia di peggiorare ulteriormente il primato italiano in materia di incidenti stradali: nel 2013, 181 mila episodi con 3.385 morti, sui complessivi 26 mila dei Paesi Ue, e con costi sociali per il nostro Paese stimabili in circa 26 mila milioni di euro».

«L’Italia», conclude Turrini, «oggi non ha bisogno di grandi opere, ma di rimettere in sicurezza la rete stradale; è la più grande opera pubblica che il Paese può realizzare nell’interesse dei suoi cittadini e può fare da volano per l’economia in generale». (riproduzione riservata)