Pagina a cura di Simona D’Alessio 

 

Reclusione «da 8 a 12 anni» per chiunque, al volante in stato d’ebbrezza, o sotto l’effetto di droghe, provochi il decesso di una persona. Rischia, invece, una condanna da 6 a 9 anni il guidatore che, «procedendo a una velocità pari al doppio di quella consentita», determini un incidente mortale, stessa pena inflitta pure a chi (ucciso qualcuno) si dia alla fuga. E saranno punite pure le «lesioni personali» inflitte a chi, investito, patisce problemi di salute. Messo a punto ieri, in commissione giustizia al senato, il testo che unifica le norme penali in materia di omicidio stradale (859 e connessi disegni di legge 1357, 1378, 1484 e 1553), «un grosso passo in avanti», ha dichiarato a ItaliaOggi il relatore Giuseppe Cucca (Pd), precisando di confidare nella fase emendativa (fino al 21 aprile sarà possibile depositare le modifiche) per «integrare il provvedimento con elementi che nella versione originaria c’erano e ho tolto per accelerare i tempi, fra cui le misure sulla sospensione della patente»; scelta, ha precisato il parlamentare, necessaria per «evitare sovrapposizioni» con la commissione lavori pubblici di palazzo Madama, che sta esaminando il disegno di legge delega di riforma del codice della strada (1638, approvato dai deputati) che «contiene la revoca» dell’abilitazione alla guida.

Il «giro di vite» nei confronti di chi lascia vittime sull’asfalto contempla il carcere fino a 12 anni per comportamenti scorretti (assunzione di bevande alcoliche oltre i limiti consentiti, o sostanze stupefacenti, nonché pigiare troppo sull’acceleratore) da parte dei cosiddetti «pirati della strada»; nel caso, poi, recita il testo, in cui le vittime siano più d’una la condanna potrà essere aumentata sino al triplo, ma non potrà superare i 18 anni. Novità è, inoltre, l’introduzione del delitto di «lesioni personali stradali»: il guidatore del veicolo che, sotto effetto di alcol o di droghe, cagioni alla vittima non la morte, bensì un danno dal quale derivi una malattia, rischia la condanna da uno a quattro anni. E se la colpa, invece, è dell’alta velocità, la reclusione sarà da sei mesi a due anni, mentre la stessa sorte toccherà al conducente che si dia alla fuga, rendendosi irreperibile, dopo aver cagionato un sinistro «dal quale sia derivata una lesione personale che abbia causato una malattia a una persona». Nel caso in cui le vittime con lesioni siano più d’una «si applica la pena che dovrebbe infliggersi per la più grave delle violazioni commesse, aumentate sino al triplo», ma senza che si superi il tetto massimo dei sette anni.

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