Assieme ai flessibili volano anche gli azionari. Per i prodotti aperti i flussi sono stati 14,1 miliardi dai 6,4 del mese precedente. Merito dell’effetto Bce e dei mini-spread. Patrimonio ai massimi storici (1.675 mld)

di Paola Valentini

Alla vigilia del Salone del Risparmio che scatta oggi a Milano all’Università Bocconi, arrivano ancora risultati eccellenti per il risparmio gestito. La raccolta netta in Italia continua ad andare a gonfie vele e a febbraio è stato un vero e proprio boom grazie all’effetto Qe. Nel mese i flussi netti sono stati di 20 miliardi, più del doppio rispetto ai 9,1 miliardi di gennaio che già rappresentavano un risultato brillante.

In due mesi il sistema ha portato a casa 29,1 miliardi, a fronte dei 134 miliardi ottenuti in tutto il 2014, ai massimi dal 1999. E il patrimonio dell’industria dell’asset management è salito al record di 1.675 miliardi. A fare la parte del leone sono stati i fondi comuni aperti che hanno chiuso il mese con flussi netti per 14,1 miliardi, dai 6,5 miliardi del mese precedente, mentre le gestioni di portafoglio (retail e istituzionali) hanno ottenuto 5,9 miliardi dai 2,6 di gennaio.

Il Qe della Bce, spingendo verso il basso i rendimenti dei titoli di Stato, sta evidentemente contribuendo in modo incisivo ad aumentare l’appeal delle soluzioni di risparmio gestito che dalla loro vantano rendimenti di tutto rispetto quest’anno, soprattutto sul fronte dei comparti azionari. Non a caso tra i fondi aperti a febbraio si è registrato un forte aumento della raccolta degli azionari, passata dai 446 milioni di gennaio a 2,3 miliardi. Dal canto loro i flessibili sono sempre in cima alle preferenze dei risparmiatori con flussi nel mese pari a 5,4 miliardi (3,4 a gennaio) mentre i bilanciati hanno visto i flussi netti passare da 1,6 miliardi di gennaio a 2,1 miliardi. Febbraio ha registrato anche un ritorno di interesse per i fondi obbligazionari che hanno avuto una raccolta netta di 4,3 miliardi dagli 1,7 miliardi di gennaio. In questa categoria, oltre che in parte anche nei flessibili, rientrano i fondi a cedola e a scadenza che oggi sono il cavallo di battaglia di gran parte delle sgr italiane per dare ai risparmiatori un’alternativa ai Btp.

I fondi a cedola proposti dalle società di gestione italiani sono infatti simili nel funzionamento a un titolo di Stato, perché hanno una scadenza e propongono una cedola periodica. «La situazione congiunturale, caratterizzata dai rendimenti dei titoli obbligazionari di elevata qualità prossimi allo zero ha reso sempre più necessario allargare la ricerca di reddito oltre il perimetro tradizionale per includere le strategie di asset allocation. Non sorprende, quindi, che anche a febbraio abbiamo registrato un forte interesse per fondi e comparti della nostra gamma che distribuiscono periodicamente un provento e in particolare per quelli che predefiniscono un obiettivo cedolare», spiega a questo proposito Cinzia Tagliabue, ceo di Pioneer Investments Italia. Tra i prodotti più gettonati c’è «il comparto multi-asset a scadenza della famiglia Progetto Cedola che persegue un obiettivo di distribuzione annuale del 2% su un orizzonte temporale di 5 anni, investendo attivamente e in modo flessibile sul mercato obbligazionario senza limitazione di qualità creditizia, e su quello azionario globale, con particolare attenzione ai titoli che offrono aspettative di dividendo superiori alla media», spiega Tagliabue. Il ceo di Pioneer ricorda anche che «analogo interesse è stato registrato anche da soluzioni che distribuiscono un provento in versione fondo di fondi, come Evoluzione Reddito che a poco più di due anni dal suo lancio ha raggiunto il traguardo dei 4 miliardi di euro di patrimonio». A febbraio Pioneer ha registrato una raccolta netta totale di 2,8 miliardi, secondo gruppo per flussi netti nel mese dopo Intesa Sanpaolo che tra Eurizon Capital (5,3 miliardi) e Banca Fideuram (1,1 miliardi) ha ottenuto 6,4 miliardi. Anche Eurizon ha come cavalli di battaglia la formula dei fondi a cedola e a scadenza.

Terzo operatore per raccolta netta nel mese (e primo come a gennaio se si considerano solo gli esteri) è stato Invesco con 1,12 miliardi, più del doppio rispetto ai 480 milioni di gennaio. Il suo prodotto di punta continua a essere il multi asset Invesco Global Targeted Returns che ha l’obiettivo di ottenere un rendimento lordo pari all’Euribor a tre mesi maggiorato del 5% annuo, con un livello di volatilità inferiore alla metà rispetto a quello dei titoli azionari globali su un orizzonte temporale di tre anni. Invesco ha raggiunto un patrimonio gestito in Italia di 18,7 miliardi.

Tra gli altri gruppi, al quarto posto si piazza Amundi del gruppo Credit Agricole (1 miliardo), seguita da Anima Holding (815 milioni), Deutsche Asset and Wealth Management (791 milioni) e M&G (741 milioni).

Ecco perché l’edizione del Salone che si apre oggi è particolarmente attesa. Saranno tre giorni di convegni, dibattiti e conferenze – con oltre 100 espositori, 150 marchi presenti, 100 conferenze in calendario e più di 60 ore di formazione certificata gratuita per tutti i professionisti del settore – che potranno disegnare lo scenario che gli esperti si attendono nei prossimi mesi. Oltre ai 12 mila visitatori attesi sono previsti gli interventi del ministro Pier Carlo Padoan e dell’ex cancelliere tedesco Gerhard Schröder. Sarà anche analizzato il ruolo della finanza per lo sviluppo dell’economia reale. Forte di questi numeri la sfida per l’industria italiana del risparmio gestito è anche quella di riuscire a cavalcare questa fase positiva per aumentare la diffusione dei fondi nei portafogli delle famiglie italiane. Che, nonostante due anni di raccolta in forte crescita, restano ancora poco presenti nelle scelte di asset allocation degli italiani e ancora lontani dai picchi del 2000. «Negli anni l’incidenza del numero dei sottoscrittori sul totale della popolazione italiana residente si è quasi dimezzata, passando da quasi il 17% del 2002-2003 al 9% dell’ultimo biennio», rileva Assogestioni nell’ultimo aggiornamento di fine 2013 sui sottoscrittori dei fondi italiani. Negli ultimi tempi c’è stata un’inversione di tendenza, ma il mercato è ancora lontano dai massimi storici. (riproduzione riservata)