Pagina a cura di Gabriele Ventura  

 

Circa 13 miliardi di euro, cioè il 10% della spesa sanitaria complessiva. È il costo della medicina difensiva, secondo le ultime stime del Cergas dell’Università Bocconi. Non solo. I premi assicurativi delle polizze stipulate da strutture e professionisti sanitari, secondo gli ultimi dati Ania, superano i 500 milioni di euro l’anno, mentre il numero di sinistri denunciati alle compagnie assicurative è oltre quota 30 mila. Di questi, i 2/3 finiscono nel nulla. Sono solo alcuni dati che fotografano il fenomeno delle richieste di risarcimento danni per colpa medica, che negli ultimi anni ha registrato un vero e proprio boom, e in questi giorni è al centro di una battaglia (a suon di spot e denunce) tra medici e avvocati. Sì, perché da un lato si moltiplicano i «professionisti del risarcimento», che propongono alle presunte vittime di errori sanitari la possibilità di rivalersi in tribunale a costo zero, e con l’allettante possibilità di ottenere risarcimenti milionari: esistono, infatti, sentenze superiori a 6 milioni di euro per sinistro. Dall’altro, le compagnie assicurative hanno abbandonato da tempo questo ramo a causa del rapporto sinistri/premi, che è pesantemente negativo. Risultato: per i medici e le strutture sanitarie i costi della polizza sono proibitivi, tanto che alcune regioni hanno deciso di auto-assicurarsi. Ma entriamo nel dettaglio.

I dati. Gli ultimi dati sulla «malasanità» li ha esposti Ania (Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici) in audizione in parlamento: la stima dei premi del lavoro diretto italiano per l’esercizio 2011 è stato pari a circa 525 milioni di euro, il 5,5% in più rispetto all’anno precedente. Il numero di sinistri denunciati alle imprese di assicurazione italiane nel 2011, invece, ha sfiorato i 31.500 casi, di cui quasi i 2/3 relativi a polizze stipulate dalle strutture sanitarie. Mentre le percentuali relative ai sinistri liquidati aumentano al crescere dell’anzianità della generazione dei sinistri, attestandosi a valori superiori al 90% per quelle con oltre dieci anni di sviluppo. Quanto al rapporto medio sinistri a premi, al 31 dicembre 2011 si attestava al 175%. Proprio per questo, il mercato attuale, denuncia Ania, è caratterizzato da pochi assicuratori, quasi tutti non italiani. Ania riporta il caso di una compagnia dei Lloyd’s che «ha dovuto ricorrere al Fondo centrale istituito presso i Lloyd’s per poter far fronte alle pensanti perdite». Secondo l’Associazione una parte consistente del problema è rappresentato dalle tabelle che vengono utilizzate per stimare i risarcimenti. A oggi, infatti, in attesa che i criteri delineati dal decreto Balduzzi per determinare una unica tabella nazionale di risarcimento del danno biologico diventino realtà, valgono le «tabelle milanesi», fatte proprie dalla maggior parte dei tribunali italiani, che a parere degli assicuratori determinano risarcimenti così alti da incentivare al contenzioso e le cosiddette liti temerarie.

Le gare pubbliche deserte. Vista la situazione, molte strutture ospedaliere sono state costrette a scegliere se pagare stipendi e attrezzature o un premio assicurativo. Spesso, infatti, i bandi indetti vanno deserti, non trovandosi assicuratori disponibili se non dopo consistenti variazioni di importo. Ania segnala il caso della Asl di Salerno, che dopo tre bandi andati a vuoto, ha chiuso con un premio da 7,35 milioni di euro l’anno. In generale, tutte le strutture sanitarie sono costrette a calmierare i premi con franchigie che possono superare i 2,4 milioni di euro l’anno.

L’autoassicurazione. Alcune regioni hanno preso la via dell’autoassicurazione, scegliendo quindi di non acquistare alcuna copertura assicurativa ma di far fronte in proprio alla gestione e risarcimento dei sinistri. Tra queste, Ania cita i casi di Toscana e Liguria, che hanno optato per questa strada a causa di ristrettezze di bilancio. L’autoassicurazione permette, infatti, alla pubblica amministrazione di ottenere un immediato risparmio di cassa, non dovendo pagare il premio, ritardando così l’esborso economico, considerati anche i tempi per il processo di liquidazione dei sinistri. Altre regioni (Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Piemonte, Emilia-Romagna) hanno invece optato per un sistema di «auto assicurazione ibrida», assicurando cioè i sinistri per valori superiori a 500 mila-1,5 milioni di euro, e ritenendo il rischio per i sinistri sotto questa soglia.

La guerra medici-avvocati. È di questi giorni, inoltre, la battaglia a suon di spot tra medici e avvocati, che ha portato il Consiglio nazionale forense a presentare formale diffida contro l’Associazione di medici Amami in merito allo spot «medici-pazienti-avvoltoi», che raffigura l’avvocato, o comunque il professionista che incentiva il paziente a fare causa al medico o alla struttura sanitaria, sotto le sembianze di un avvoltoio dal quale prendere le distanze (si veda ItaliaOggi del 26 febbraio scorso). Questa pubblicità segue quella di Obiettivo risarcimento, che al contrario sprona il paziente vittima di errori medici a far sentire al propria voce, rivolgendosi quindi agli esperti della propria società. Una guerra che andrà avanti ancora a lungo.

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