di Roberta Castellarin

Non c’è pace per il risparmio delle famiglie, oggi alle prese con l’ennesimo giro di vite sulla tassazione degli investimenti finanziari. Nel piano presentato mercoledì 12 dal primo ministro Matteo Renzi è previsto un aumento dell’aliquota sul capital gain delle rendite finanziarie, dal 20 al 26% (esclusi i titoli di Stato).

Tale aumento arriva dopo che a fine anno era stato approvato l’innalzamento dell’imposta di bollo sul dossier titoli, una mini patrimoniale, introdotta dal governo Monti nella prima manovra salva Italia. D’altra parte in questo momento lo Stato può fare leva su una base imponibile, ovvero il risparmio, in aumento: gli italiani sono tornati a costruire un gruzzoletto, anche se questa volta mossi dalla paura per il futuro. L’aumento dei soldi messi da parte arriva da una riduzione dei consumi. E così il Fisco dal 2011 in poi ha messo nel mirino il risparmio degli italiani.

 

I governi che si sono succeduti, da quello Berlusconi fino all’esecutivo Letta passando per Monti, invece di tagliare spesa pubblica, debito e tasse, hanno deciso di attingere alla ricchezza delle famiglie con una patrimoniale ombra che sale di anno in anno e tocca lo stock di ricchezza investita in immobili o in titoli finanziari (titoli di Stato compresi). L’imposta di bollo sta diventando come le accise sulla benzina, rincarate ogni qual volta serve un aumento del gettito. La nuova legge di Stabilità ha innalzato dal 2014 allo 0,2% l’aliquota per l’imposta di bollo sugli investimenti finanziari. La mini patrimoniale, introdotta nel 2012 da Monti con aliquota dello 0,1%, è già salita nel 2013 allo 0,15%. Lo stesso accade per chi ha titoli depositati all’estero, perché anche l’Ivafe (Imposta sul valore delle attività finanziarie all’estero) è passata dallo 0,15 allo 0,20%.

 

Quanto porta nelle casse dello Stato questo ulteriore aggravio? Il premier ha indicato che l’aumento al 26% comporterà un maggiore gettito di circa 2,6 miliardi di euro, valore allineato alle stime di recente formulate dalla Cgil, che indicava 2,5 miliardi con un’aliquota al 25%. La misura varata dal governo Renzi è il secondo intervento su tale materia dopo il riordino definito dal gabinetto Monti, che portò dal 12,5 al 20% la tassazione sulle rendite finanziarie a accezione dei titoli di Stato che rimangono al 12,5%. Anche Renzi ha precisato che l’aumento dell’imposta non toccherà i Bot people, tra l’altro alle prese con rendimenti ai minimi storici. Nel 2013 l’imposta sui redditi finanziari e sulle plusvalenze ha generato un gettito di quasi 11 miliardi di euro, in forte aumento rispetto ai 9,2 miliardi dell’anno precedente e ai 6 miliardi del 2011 (prima del riordino del governo Monti).

Per quanto riguarda l’aggravio dell’imposta di bollo, i conti si trovano nella relazione tecnica della legge e nel maxiemendamento approvati al Senato. «Per stimare gli effetti sul gettito della proposta si sono confrontati, utilizzando i dati di Magister, l’ammontare dell’imposta del 2013 (stimata sull’intero anno) rispetto agli introiti dell’anno precedente, e ne è emerso un incremento di gettito di circa 1.500 milioni», si legge nella relazione. «Pertanto, ipotizzando un andamento analogo, si ritiene che l’aumento allo 0,2% possa apportare un incremento di gettito dell’ordine di 527 milioni di euro annui di competenza a partire dal 2014». Ma se si somma l’acconto del 95%, il gettito previsto per il 2014, grazie al rincaro, è di 939,8 milioni, che diventano 527 dal 2015 in poi. Per quanto riguarda l’Ivafe, ossia l’aliquota per chi ha depositato le attività finanziarie all’estero direttamente o attraverso un trust, il conto si può fare stimando masse all’estero per 11,1 miliardi, il che si traduce in un gettito aggiuntivo di 3,7 milioni all’anno.

Il giro di vite arriva dopo che per anni l’Italia è stata un porto ottimale per i rentier. Nella maggioranza dei Paesi europei, escluse Germania e Svezia, si applica una tassazione progressiva ai proventi da investimenti finanziari come ai redditi da lavoro. Ciò favorisce chi appartiene a fasce di reddito più basse. In molti Paesi è prevista inoltre la deducibilità degli interessi passivi, che riduce l’imposta finale. Altri Paesi, come la Francia, prevedono piani d’investimento a lungo termine agevolati fiscalmente. In Germania l’aliquota base è al 25%, cui si aggiunge un contributo di solidarietà che porta il prelievo al 26,38%. In Svezia l’aliquota è del 30% e si applica al complesso dei redditi da investimento, al netto degli interessi passivi e delle perdite. In Francia dal 2013 è stata eliminata la possibilità di optare per la tassazione proporzionale, per cui oggi l’imposta è progressiva sia per gli interessi che per i dividendi e i capital gain. (riproduzione riservata)