di Antonio Ciccia  

 

Quasi 28 mila euro. È il risarcimento (medio) che ottiene chi si ritiene danneggiato da un articolo offensivo. Anche se si chiede molto di più: circa 800 mila euro. Il dato emerge da una recente analisi delle sentenze del tribunale di Milano del 2011-2012, a cura dell’avvocato milanese Sabrina Peron, pubblicata dalla rivista Responsabilità civile e previdenza, edita da Giuffrè.

L’esame degli orientamenti dei giudici lombardi ricostruisce il quadro delle responsabilità degli operatori dei mass media e definisce le possibilità di indennizzo per gli interessati.

Così se si vuole la certezza che una rettifica sia pubblicata bisogna mandarla al massimo di trenta righe, mentre il parente del vip non può pretendere di essere oscurato; l’offesa su internet è più grave e va garantito il diritto di replica quando si accusa qualcuno.

Il percorso tracciato dalle sentenze porta a un vademecum completo per il giornalista, per il lettore e per chi è al centro della notizia.

Vediamo i tratti salienti di questo percorso, illustrando le risposte ai quesiti più rilevanti risolti dai magistrati milanesi.

 

Quesito. Ci vuole il consenso dell’interessato per diffondere notizie sui media?

Risposta. No, La normativa sulla privacy detta un regime speciale per l’attività giornalistica. Il giornalista può diffondere i dati, anche senza il consenso degli interessati, ma pur sempre nel rispetto dei limiti del diritto di cronaca e, in particolare, di quello dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico.

 

Q. La privacy dei familiari dei vip può essere dimezzata?

R. Sì, nel caso il familiare sia ritratto insieme al vip, la presenza di un soggetto famoso comporta l’affievolimento dei diritti all’immagine e alla riservatezza dei congiunti, in ogni caso in cui i familiari volontariamente e consapevolmente si accompagnano ai parenti più noti in luoghi e circostanze di interesse per la collettività

 

Q. È pericolosa l’offesa diffusa in Tv?

R. Sì, le notizie teletrasmesse tendono a fissarsi nella memoria del telespettatore così come date e vi è quasi impossibilità di immediata riflessione critica. La stampa consente, invece, una lettura più attenta e anche ripetuta del testo.

Q. Come è valutata l’offesa su internet?

R. Nel caso di internet, la diffamazione è più grave. Anche se la rimozione dell’articolo dal sito internet esclude la condanna alla pubblicazione della sentenza.

 

Q. Va cancellato dal sito l’articolo solo in parte diffamatorio?

R. No, non va cancellato dall’archivio online e dal sito l’articolo non interamente diffamatorio; la cancellazione integrale si trasformerebbe in un’inaccettabile censura di tutto il pezzo giornalistico

 

Q. Come si devono raccontare le sentenze?

R. La pubblicazione della notizia sulla sentenza deve rimanere fedele al contenuto del provvedimento, senza illazioni, allusioni, alterazioni o travisamenti. Può essere che, secondo il giornalista, la sentenza sia sbagliata. Ma allora scatta il principio di equilibrio, per cui bisogna dare al lettore le due o più versioni in modo da consentire un quadro il più possibile completo degli argomenti oggetto di narrazione. Se anziché alla sentenza siamo solo alle indagini seguenti a una denuncia il giornalista deve riportare anche gli eventuali aspetti favorevoli all’indagato, mettendo il lettore nelle condizioni di farsi una propria opinione dei fatti, così da consentire il controllo diretto della collettività.

 

Q. Il giornalista risponde delle offese o delle cose non vere contenute nelle dichiarazioni dell’intervistato?

R. Di regola no. Quello che conta per il giornalista è la verità non del contenuto dell’intervista, e cioè dell’oggetto della dichiarazione del terzo, ma quella dell’intervista in sé, nel senso che concetti e parole riportati nell’articolo corrispondano a quanto detto dall’intervistato. L’intervistatore deve non solo apparire imparziale ma anche essere nella sostanza un osservatore neutro che riporta fedelmente e con distacco le dichiarazioni raccolte.

 

Q. E se l’intervistato accusa qualcuno?

R. Il giornalista è freddo e neutrale; riporta con precisione e distacco intellettuale le dichiarazioni. E quando l’intervistato accusa qualcuno deve controbilanciare lasciando diritto di replica, perché deve dare conto al pubblico delle diverse posizioni.

Nell’ipotesi, invece, in cui l’intervistatore lasci spazio alle affermazioni denigratorie in assenza di un minimo contraddittorio, finisce per svolgere la funzione di mera cassa di risonanza delle offese e ne diventa corresponsabile. A meno che la notizia non sia proprio il fatto che quelle offese siano state pronunciate: ma questo vale solo in caso di rilevanza istituzionale del soggetto dichiarante e in presenza di un interesse pubblico di estrema rilevanza.

 

Q. Si può pubblicare di uno scritto anonimo?

R. No, nella diffusione del contenuto di uno scritto o di una dichiarazione anonima non è ravvisabile alcun pubblico interesse alla informazione.

 

Q. I giornali sono una fonte attendibile?

R. Il giornalista deve rispettare la verità dei fatti o, almeno, la verosimiglianza, ma con un attento controllo e una scrupolosa verifica delle fonti, che devono essere attendibili. A questo proposito non possono ritenersi vere delle circostanze solo perché sono state prima pubblicate da altri. L’articolo di un altro giornalista non può essere qualificato come fonte attendibile e riconosciuta.

 

Q. Bisogna stare attenti ai titoli?

R. Sì, anche il titolo di un articolo giornalistico deve rispondere ai requisiti di verità e non esagerare nei termini. È evidente, però, che i titoli rispondono a esigenze di sintesi e richiamo. La brevità e la necessità di attirare il lettore inducono, quindi, a una maggiore indulgenza

 

Q. Nella battaglia politica sono consentiti colpi bassi?

R. Lo scontro politico può portare a toni aspri e di disapprovazione più pungenti e incisivi rispetto a quelli comunemente adoperati nei rapporti interpersonali fra privati cittadini. Però, non si deve esagerare. Il legittimo esercizio della critica politica, inteso come scusante rilevante anche ai fini della responsabilità civile da ingiuria o diffamazione, non deve trasformarsi in un gratuito attacco personale, fuori da un effettivo contesto di polemica politica e ovviamente, nella offesa gratuita.

 

Q. Quali sono i limiti della satira?

R. Nella satira non c’è l’obbligo di rispettare la verità. La satira, tuttavia, al pari di ogni altra manifestazione del pensiero, non può risolversi in una aggressione gratuita e distruttiva dell’onore e della reputazione del soggetto interessato

 

Q. Quali danni si possono chiedere?

R. La diffusione di notizie false è causa di un turbamento morale e di una ripercussione negativa sulla vita di tutti i giorni, causa una lesione alla stima sociale e all’immagine. La quantificazione del danno non patrimoniale è calcolata dal giudice, secondo una valutazione discrezionale.

 

Q. La sanzione pecuniaria prevista dalla legge sulla stampa si applica agli articoli pubblicati in internet?

R. La sanzione pecuniaria prevista dalla legge sulla stampa si aggiunge al risarcimento del danno e si applica solo ed esclusivamente nel caso di diffamazione commessa a mezzo stampa: non si applica, invece, ai casi di diffamazione online.

 

Q. La pubblicazione della rettifica fa evitare il risarcimento?

R. No, l’avvenuta pubblicazione della rettifica non fa venir meno di per sé il presupposto dell’azione risarcitoria: secondo qualche sentenza, però, la pubblicazione della rettifica potrebbe avere la funzione di attenuare la sanzione pecuniaria prevista dalla legge sulla stampa.

 

Q. Quanto deve essere lunga la lettera di rettifica?

R. La richiesta di rettifica deve essere contenuta nel limite della trenta righe (dpr n. 643/1972) e la mancata pubblicazione di una rettifica che supera il limite non può ritenersi illecita. Peraltro, la pubblicazione parziale di una rettifica che superi il limite delle trenta righe evidenzia non solo una effettiva volontà di ripristinare un corretto bilanciamento tra l’interesse del pubblico a essere correttamente informato e l’interesse dell’attore a non essere leso nella sua identità personale ma, in concreto, può avere la finalità di evitare che la pubblicazione di portata diffamatoria, con evento già realizzato, continui a produrre effetti lesivi. Insomma può ridurre l’importo del risarcimento dei danni.

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