La disparità dei redditi è il rischio più probabile su scala mondiale nei 10 anni a venire, secondo il Global Risks 2014. Seguono, in base alla probabilità di accadimento, gli eventi meteorologici estremi, la disoccupazione e la sotto-occupazione, i cambiamenti climatici e gli attacchi cyber. Questo è solo uno dei principali risultati del Global Risks 2014 (presentato ieri  in Italia) elaborato dal World Economic Forum in collaborazione con Marsh & McLennan Companies, che, giunto alla sua nona edizione, ha anche classificato i rischi in base all’impatto che potrebbero produrre.

Giunto alla nona edizione, il Global Risks offre una serie di approfondimenti relativi ai rischi, raggruppandoli in 5 categorie: economici, ambientali, geopolitici, sociali e tecnologici, e classificandoli in base alla probabilità che accadano e all’impatto che potrebbero produrre.

Al primo posto di questa seconda graduatoria si conferma un rischio economico: le crisi fiscali; compaiono, poi, la disoccupazione e i cambiamenti climatici, cui si aggiungono le crisi idriche e i guasti delle infrastrutture critiche per l’informazione.

 Il Report non analizza solo i 31 rischi globali più rilevanti emersi dalle interviste di 700 leader e decision-maker, ma lancia anche un allarme sulla loro “interconnessione”, che potrebbe portare a conseguenze a tutti i livelli: geopolitico, socio-economico, ambientale e digitale. Secondo lo studio, i rischi “sistemici” sono, infatti, quelli su cui decisori politici, imprenditori e top manager dovrebbero maggiormente focalizzare la loro attenzione e proporre soluzioni a lungo termine per affrontarli e mitigarli. “Per gestire i rischi globali in modo efficace e costruire la resilienza ai loro impatti – ha affermato Giampaolo Scarso, CEO di Marsh Risk Consulting Europa Continentale, CIS e Turchia –  sono necessari maggiori sforzi per comprendere, misurare e prevedere l’evoluzione delle loro interdipendenze, integrando gli strumenti tradizionali di gestione dei rischi con nuove metodologie con nuove metodologie e modelli concettuali che tengano conto anche della variabile sistemica in un mondo caratterizzato sempre più dalla multipolarità”.

Tre approfondimenti particolari sono poi dedicati ad altrettanti temi cruciali:

–          la complessità del rischio geopolitico in un mondo “multipolare” dove la distribuzione del potere e delle sfere di influenza è fortemente frammentata e dove proliferano i conflitti a “bassa intensità” che destabilizzano i paesi emergenti. Quello descritto dallo studio è un mondo “multipolare”, dove la mappa del potere politico è fortemente frammentata e dove l’equilibrio economico e la pace sociale sono continuamente messi alla prova da instabilità e conflitti. Da un lato le economie avanzate, indebolite dalle continue pressioni interne, faticano a mantenere il loro ruolo a livello globale; dall’altro i paesi emergenti premono per ottenere un peso internazionale sempre più rilevante, ma stentano a conciliare una crescita economica aggressiva con cambiamenti sociali importanti e riforme politiche complesse. A questo quadro si aggiungono molti cambiamenti in divenire a livello demografico ed economico, come la crescita della classe media nei paesi emergenti, l’invecchiamento della popolazione in Europa, Cina e Giappone, l’incremento demografico in aree quali Nord Africa, Medio Oriente e India.

–          Il crescente rischio di un “cybergeddon”, dove la “balcanizzazione” di internet rende sempre più deboli le governance sovra-nazionali e arricchisce i pirati informatici. La nostra vulnerabilità e il ricorso sempre più massiccio alla rete per ogni attività costringe a non escludere del tutto uno “scenario catastrofico” in cui possibili  “aggressori” – hacker, gruppi appartenenti alla criminalità organizzata o organizzazioni para-militari – guadagnino un vantaggio duraturo rispetto ai “difensori” . Gli effetti sarebbero dirompenti: Internet cesserebbe di essere un mezzo affidabile per fare comunicazione o business e sarebbe sempre più abbandonato da consumatori e imprese e il cyberspazio non sarebbe più diviso tra attaccanti e difensori , ma tra predatori e prede. Ci troveremmo a vivere in un “Cybergeddon”, dove gli utenti sarebbero sempre più intimoriti dal ricorso massiccio a Internet, mentre continui attacchi implacabili renderebbero vane le capacità di difesa di governi e organismi internazionali e le possibili alternative sarebbero discriminanti o troppo costose.

–          la situazione dei giovani, definiti “the lost generation”, affamati di lavoro in uno scenario globale che vede crescere la disoccupazione e il precariato e propone modelli di educazione e istruzione sempre meno efficaci.

Quattro strade per mitigare e ridurre la pericolosità dei rischi globali

Il Global Risks 2014 elabora alcune strategie di gestione dei rischi globali, individuando quattro aspetti fondamentali:

–          ricostruire la fiducia, anche da parte di quei soggetti che non riconoscono più la credibilità delle istituzioni politiche tradizionali e dei leader, come le giovani generazioni.

–          incentivare il pensiero a lungo termine, spostare l’orizzonte delle strategie, prerequisito fondamentale per un approccio costruttivo ai rischi globali.

–          favorire le azioni multi-stakeholder, perché il modo degli affari, i governi e la società civile, se presi singolarmente, non hanno gli strumenti per affrontare i rischi sistemici

rivitalizzare le forme di governance sovra-nazionale per mitigare rischi quali il cambiamento climatico e la sicurezza informatica.