Pagina a cura di Valerio Stroppa  

 

In Italia un’azienda su quattro è stata vittima negli ultimi due anni di un crimine economico. Dalla corruzione alle frodi contabili, dall’attacco degli hacker alla violazione di brevetti e licenze, dall’appropriazione indebita alle «bustarelle» incassate dai responsabili dell’area acquisti. E nella maggior parte dei casi l’autore dell’illecito è un manager o comunque un soggetto interno alla stessa organizzazione. Una piccola consolazione per le imprese italiane c’è: a livello mondiale la percentuale dei frodati supera il 37%. È quanto emerge dalla Global Crime Survey 2014 realizzata da PwC. Lo studio si fonda sui dati raccolti attraverso oltre 5 mila interviste in 95 paesi, alle quali hanno partecipato 101 aziende italiane.

A preoccupare l’imprenditoria nazionale, prima ancora del valore assoluto dei numeri, è il trend: negli ultimi due anni le frodi economico-finanziarie hanno subito un aumento, passando dal 17 al 23%. La fattispecie più diffusa resta l’appropriazione indebita (65%), seguita dal cyber crime e dalle frodi contabili (22%). A livello settoriale, il comparto più colpito è quello manifatturiero (67%), seguito da energia e utilities (43%), trasporto e logistica (40%), nonché i servizi finanziari (28%).

«Le frodi finanziarie sono un fenomeno in crescita sia a livello globale (+3%) sia in Italia (+6%). Oggi circa un quarto delle aziende interessate ha comunicato di essere stata vittima di una frode», commenta Alberto Beretta, partner forensic services di PwC, «tra gli aspetti positivi abbiamo rilevato una crescente sensibilità e un maggior impegno nella fase di prevenzione da parte delle aziende. Infatti, è cresciuto il numero delle organizzazioni che nell’ultimo biennio ha effettuato un fraud risk assessment».

Le società che hanno implementato sistemi di controllo interno e gestione dei rischi sono passate, in Italia, dal 54 al 70%. Un impegno crescente che però non sempre si rivela sufficiente, dal momento che le tipologie e le modalità fraudolente si fanno sempre più sofisticate e difficili da individuare. «Come un virus, la minaccia dei crimini economici è in continua mutazione», osserva Beretta, «i pericoli si nascondono tra le nuove tendenze, tra i movimenti di capitali e ricchezza verso i mercati emergenti e nella diffusione trasversale delle nuove tecnologie».

Secondo i risultati della ricerca, il 50% delle aziende colpite dai crimini ha riferito di essere riuscita a intercettare le frodi grazie ai sistemi di individuazione di operazioni sospette (20% dei casi) e attività di fraud risk management, mentre il 15% dei rilevamenti è scaturito da soffiate esterne.

Secondo gli operatori, comunque, la presenza di un sistema di monitoraggio sistematico dei rischi rafforza la percezione dell’azienda sul fenomeno e sulle sue criticità, aumentando al contempo l’efficacia complessiva dei controlli e le probabilità di scovarli per tempo. Anche perché oltre ai danni economici (stimabili in alcuni casi in diversi milioni di euro), le aziende devono fronteggiare pure danni collaterali, non sempre quantificabili in termini finanziari. Lo studio evidenzia come gli effetti negativi delle frodi incidano sulla motivazione dei dipendenti (22%) e sulla reputazione dell’azienda (17%), facendo scattare in alcuni casi anche le sanzioni delle autorità di vigilanza (13%).

Per quanto riguarda la corruzione, fenomeno che secondo le stime ufficiali vale in Italia quasi il 4% del pil, solo il 13% del campione intervistato si è detto colpito. Il dato è comunque in lieve aumento rispetto al 2011 (10%), mentre a livello globale la diffusione di tale reato negli ultimi 24 mesi si è attestata al 27%.

Nonostante la relativa incidenza della corruzione, le aziende italiane sono però consapevoli dei potenziali effetti negativi del reato: interruzione dell’attività aziendale (39%), danni reputazionali (34%) e perdite finanziarie (18%).

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