Vittoria Puledda

Milano C’ è chi parla di “euforia irrazionale” e c’è chi ritiene che il peggio sia davvero alle spalle e il miglioramento strutturale. Sta di fatto che il mondo del risparmio gestito è ai massimi da anni; in alcuni casi, ai massimi da sempre. Gli effetti si stanno vedendo, anche a livello di risistemazioni societarie: Fineco sarà quotata in Borsa entro l’anno, Banca Generali ha dichiarato ufficialmente che si sta guardando in giro per un’acquisizione e Azimut per ora si muove soprattutto all’estero ma nei mesi scorsi ha emesso un bond da 250 milioni, munizioni pronte ad essere utilizzate se capita l’occasione per un’acquisizione – anche di una certa rilevanza – in Italia. Ma soprattutto c’è Anima, che sta facendo le corse per far partire il collocamento nella prima parte di aprile (altrimenti tra ponti e festività si rischia di slittare di un mese). Sarà un collocamento importante: sul mercato arriverà grosso modo il 55% della società, venduto dai soci attuali (niente aumento di capitale). L’incognita maggiore è sul prezzo: i rumors parlano di un valore intorno a 1,2 miliardi per il 100% della società, che potrebbe scendere intorno al miliardo considerando lo sconto per l’Ipo. Il punto è quanto valutare il business di Anima: da un lato ci sono accordi di distribuzione ventennali con Bpm e Mps, dall’altra c’è l’incertezza di quanto le due banche – ora e in futuro – continueranno a

vendere i prodotti Anima (le commissioni di retrocessione sono intorno al 70%). Per questo rispetto ai multipli delle altre società-reti già presenti a Piazza Affari il mercato si aspetta uno sconto importante. Chi scenderà di più sarà Clessidra (che resterà con una quota intorno al 10%) Bpm e Mps insieme dovrebbero mantenere il 35% circa (con un lock up di tre anni) mentre il Creval, che ha una quota di poco superiore al 2% non cederà azioni. I tre principali soci esprimono un consigliere a testa (su 9) e il cda è stato appena rinnovato. E il resto del mercato? «Io aspetto che finisca l’euforia che c’è ora in Italia, per fare un’acquisizione in condizioni normali» glissa Pietro Giuliani, ad di Azimut. E intorno ai 200 milioni per lo shopping è più o meno l’ordine di grandezza su cui sta ragionando Banca Generali. «E’ un momento strafavorevole – spiega Piermario Motta, numero uno di Banca Generali – sia per la nostra organizzazione interna, sia per basso livello di tassi di interesse: stiamo guardando a società con circa cinque miliardi di masse». Ma prima dell’estate non dovrebbe succedere nulla. Di dossier aperti ce ne sono molti, anche perché c’è un altro fattore che sta dando dinamicità al settore: la convenienza per le banche di vendere le partecipazioni, che assorbono molto patrimonio di vigilanza in vista di Basilea 3. Fineco è figlia in parte di queste considerazioni ma non sarà la sola: in questi ultimissimi mesi girano molti dossier sul private banking, praticamente su tutti. E spesso, piuttosto che ipotesi concrete sono progetti studiati dalle banche d’affari. Un po’ di tempo fa si sentiva spesso parlare di Aletti-Gestielle (ma forse questa ipotesi è un po’ tramontata) così come sul mercato si ipotizzano eventuali cessioni di Euromobiliare (Credem), piuttosto che della divisione private di Ubi, mentre per Fideuram i ripetuti tormentoni sulla possibile quotazione di recente si alternano ai rumors su una possibile fusione con Intesa Private. Il tasso di concretezza di queste operazioni probabilmente è piuttosto basso, ma la varietà delle voci dà la dimensione di quanto sia effervescente il comparto. «Facciamo prima a dire cosa non è in vendita – dice un esperto del settore – la differenza è che fino a due anni fa queste attività non le voleva nessuno e adesso sembrano diventate oro». Il rischio è scoprire a posteriori che questo è proprio il picco di mercato.