La situazione dei mercati emergenti è uno dei temi di maggiore discussione in ambito finanziario nelle ultime settimane. Infatti, dopo la crescita nel 2011 e nel 2012, seguita da una pesante correzione del 2013, gli operatori del mercato si interrogano sull’opportunità di tornare a puntare su questo fronte, pur consapevoli della volatilità che occorre fronteggiare. Damien Buchet, head of emerging markets fixed Income di Axa Investment managers, ha da poco pubblicato un report in cui traccia le opportunità di investimento nel comparto obbligazionario dei mercati emergenti. «In questo momento preferiamo i titoli obbligazionari in valuta forte (sia sovrani, che corporate) rispetto al debito locale», spiega, mostrando evidentemente di guardare con prudenza alle valute di questi paesi, reduci dalle pesanti correzioni della seconda metà del 2013. A scatenare i ribassi è stato l’avvio del tapering negli Stati Uniti, che ha portato un rialzo dei titoli di Stato americani, favorendo così il trasferimento di grandi investimenti dagli emergenti verso gli Usa. Successivamente sono emerse alcune criticità in paesi reduci da un lungo periodo di crescita come India, Brasile e Turchia e questo ha favorito il prolungarsi del trend ribassista. «Seguendo il nostro processo d’investimento, selezioniamo obbligazioni di emittenti che vantano fondamentali solidi, come i titoli sovrani con bilanci forti», aggiunge Buchet. «Per quanto riguarda i titoli corporate, privilegiamo le società che vantano modelli di business solidi, con saldi parametri di credito e che non siano esposte al rischio di rifinanziamento». Infatti, proprio il rischio di credito è quello più temuto in questa fase di mercato.

A livello di aree geografiche, il manager di Axa Investment managers vede opportunità di crescita soprattutto in Asia e nei paesi Latino Americani, segnalando in particolare le banche private indiane e le società immobiliari cinesi. «Abbiamo incrementato la partecipazione nei titoli sovrani e quasi sovrani (imprese detenute al 100% dallo Stato) meno volatili, selezionando quelli meglio posizionati in termini di rating», specifica, confermando l’orientamento a non assumere rischi eccessivi. L’orizzonte per i prossimi mesi è in via di miglioramento, anche se qualche ferita resta aperta: «Riteniamo che la recente azione negativa sui prezzi nei mercati emergenti sia stata una reazione del sentiment di mercato a diverse questioni specifiche di alcuni paesi, in un contesto in cui i dati riguardanti gli Stati Uniti si sono rivelati più fiacchi», sottolinea Buchet. «Purtroppo questi eventi hanno fatto i titoli dei giornali, ma non riteniamo riflettano un aumento sistemico del rischio di questi mercati», è la sua conclusione.

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