Pagina a cura di Mari Pada  

 

Ungheria, Moldavia e Croazia, ma anche Romania e Slovenia. Sono questi i paradisi delle cure mediche che gli italiani (e non solo) hanno già scelto per risparmiare sulla parcella del dottore senza per questo rinunciare alla qualità. E se all’inizio si trattava soltanto di viaggi destinati alle cure dentistiche o estetiche, la crisi e i livelli di assistenza sanitaria hanno obbligato gli italiani a guardare oltre confine. Seppure non si collochino ai primi posti delle classifiche del turismo sanitario, dove invece troviamo Francia e Inghilterra, le spese in uscita nel 2012 sono state pari a 537 milioni di euro con una stima per il 2013 di circa 200 mila in fuga e un +8,7% anno su anno. Per il sorriso sale la Moldavia, scende l’Ungheria

I dati sono chiari: gli italiani che si recano all’estero per vari motivi sanitari prediligono la Croazia (16,7%), l’Ungheria (14,6%) e la Romania (13%), paesi ricercati soprattutto per le cure odontoiatriche (Osservatorio italiano del turismo del benessere, società Jfc Tourism & Management). L’Ungheria è stato il primo paese ad aprire le porte al turismo dentale. Se un tempo era molto economico, oggi è un po’ inflazionato, pertanto i prezzi sono in fase di avvicinamento a quelli Italiani, ma resta ancora conveniente. Preferita per vicinanza la Croazia, il risparmio esiste ma sembra non si sia ancora raggiunta un’alta qualità, soprattutto per i trattamenti più complessi. Molto gettonata la Romania, oltre che per i prezzi anche per la facilità di poter pagare in euro, cosa che invece non è permessa in Moldavia, meta lontana ma in forte ascesa. Non fa parte delle Comunità Europea e forse grazie a questo il risparmio sulla fattura finale arriva fino al 65%. Anche se il viaggio viene a costare sui 400 euro, le spese del soggiorno sono particolarmente basse. Diverso il turismo legato all’alta specializzazione, per cui le principali destinazioni sono Svizzera (16,6 milioni), Francia (13,7), Germania (7,9), Austria (2,2 milioni) e Belgio (1,2 milioni).

Primo passo: valutare i preventivi. Quali sono gli elementi da valutare e i passi da compiere per prendere un aereo e sedersi sulla sedia del dentista straniero? Bisogna subito chiarire che non vale la pena fare piccoli interventi o controlli periodici fuori dallo stivale, perché viaggio e soggiorno inciderebbero sul costo totale. Gli interventi più complessi e cari beneficerebbero di maggiori risparmi. Ma prima di chiudere le valigie è meglio chiedere un preventivo completo sull’intervento che dobbiamo eseguire, accertandosi che non ci siano costi aggiuntivi per ortopanoramiche, controlli successivi e «aggiustamenti» vari. Secondo preventivo da farsi in Italia. Se notiamo una discrepanza nelle metodologie e nel materiale chiediamo spiegazioni all’uno e all’altro professionista e approfondiamo anche grazie alle informazioni presenti su internet (evitando opinioni e commenti dei pazienti).

Altra verifica da fare è sulle condizioni poste dall’eventuale polizza sanitaria che abbiamo sottoscritto, per comprendere se essa preveda un rimborso di fatture fatte all’estero e se ci sia bisogno di traduzioni ad hoc come avviene per le detrazioni fiscali nella dichiarazione dei redditi. Se, infatti, volessimo detrarci fatture di medici e farmaci esteri, è necessario pagare per la traduzione giurata. Altra accortezza è di controllare che il preventivo sia pagabile in euro o se bisogna usare altra valuta estera, in questo caso bisognerà verificare il costo delle commissioni di cambio. Evitare il contante: se il pagamento non è tracciato, sarà difficile dimostrare la prestazione in caso di contestazioni della fattura. Superati poi i 10 mila euro, ci sarà l’obbligo di dichiararlo in fase di espatrio.

Non è solo una questione di denaro. La crisi, i lunghi tempi di attesa e la qualità altalenante del Servizio sanitario nazionale italiano spingono i cittadini, soprattutto gli anziani, a cercare all’estero tipi differenti di cure. In principio c’erano denti e trattamenti estetici, ora anche chirurgici, interventi di plastica facciale e procreazione assistita. Se nel 2009 gli italiani che si recavano in altri paesi per praticare questo tipo di turismo erano circa 20 mila, si calcola che nel 2012 siano stati ben 184 mila.

Nel nostro paese il settore ha fatturato nel 2012 2 miliardi e 175 milioni di euro, mentre le spese «in uscita» degli italiani sono arrivate a 537 milioni 280 mila euro, ma il fenomeno è in crescita: nel 2013 si stima che siano stati circa 200 mila gli italiani andati all’estero per cure, per un fatturato da 584 milioni (+8,7% rispetto al 2012), cifre che, seppure sembrino alte, posizionano l’Italia tra le nazioni ancora poco coinvolte dal fenomeno, che per ora vede tra i principali paesi «esportatori» l’Inghilterra e la Francia.

Esistono ormai pacchetti all inclusive che offrono vacanze terapeutiche anche in mete esotiche come la Thailandia o l’India, due fra i primi paesi a compiere forti investimenti in questo campo raggiungendo buoni livelli qualitativi, o le Mauritius o la Turchia. Il fenomeno dilaga anche in un paese avanzato come la Germania, che è diventata la quarta destinazione nel mondo per turismo medico, soprattutto grazie a Berlino, preceduta solo dall’India, dalla Thailandia e dagli Stati Uniti.

Cure libere nell’Unione europea. Lo scenario potrebbe ancora cambiare e incentivare gli italiani a uscire dai confini per curarsi. A dicembre il Consiglio dei ministri aveva approvato il testo del decreto legislativo di recepimento della Direttiva 2011/24/Ue sull’assistenza sanitaria transfrontaliera in ambito Ue e il nuovo ministro dell’economia e delle finanze, Pietro Carlo Padoan, si è fatto co-proponente del provvedimento che unisce anche misure destinate ad agevolare il riconoscimento delle ricette mediche emesse in un altro stato membro. In attesa del via libera dalle commissioni parlamentari, pertanto, sta per entrare nel vivo la possibilità per i pazienti di scegliere dove farsi curare a spese del Ssn di appartenenza. Ruolo cardine sarà il c.d. «Punto di contatto nazionale», uno sportello unico in grado di relazionarsi, anche attraverso sistemi informatizzati, a banche dati, a Punti di contatto regionali, collegati a loro volta con tutto il territorio per le relative informazioni e per offrire un’informazione chiara, trasparente, intellegibile e accessibile a tutti i pazienti circa i loro diritti (standard elevati di qualità e sicurezza, vigilanza, accessibilità per i disabili, fatture e prezzi trasparenti, visione chiara dell’autorizzazione e iscrizione dei prestatori e la loro copertura assicurativa, denunce). Più informazione vorrà dire miglior scelta. Inoltre l’obiettivo di comprendere le condizioni di rimborso dei costi per curarsi fuori dall’Italia aiuterà a capire meglio gli standard regionali. Le condizioni poste dal governo: accesso alle cure estere inserite nei Livelli essenziali di assistenza, salvo deroghe regionali; anticipare e poi farsi rimborsare la prestazione; obbligatorietà del rimborso limitata all’assistenza erogata nell’ambito dei sistemi sanitari nazionali. Restano fuori dalla direttiva i servizi «long term care», i trapianti d’organo e i programmi di vaccinazione. L’autorizzazione non potrà essere negata nel caso in cui l’assistenza non sia erogabile sul territorio nazionale in tempi congrui dal punto di vista clinico. Anche in questo caso, servirà un decreto del ministero della Salute per elencare le cure sottoposte a via libera preventiva. Il sì a curarsi fuori è negato solo in caso di rischi per la sicurezza del paziente e dubbi su standard, qualità dell’assistenza e vigilanza.