di Mauro Masi

Fino a oggi il modello attuato nell’ordinamento italiano per fronteggiare i danni da eventi catastrofali è basato su provvedimenti governativi straordinari ad hoc (dichiarazione dello stato di emergenza o ordinanze di protezione civile) emanati all’indomani del verificarsi degli eventi stessi. Un modello che, al di là di alcune patologie contingenti, si è comunque rivelato in grado di affrontare situazioni di grande difficoltà. Ora però la situazione della finanza pubblica e le concrete prospettive del mantenimento di politiche fiscali restrittive (anche per ottemperare agli impegni assunti a livello europeo) escludono che il problema possa continuare a essere affrontato in questo modo e cioè con l’impegno di risorse pubbliche da destinare a interventi risarcitori ex post. Per non lasciare tuttavia privo di tutele questo importante diritto sociale si rende necessario esplorare altre possibilità. La prima e più importante riguarda il ricorso allo strumento assicurativo. In questo ambito serie di motivi tecnici e di opportunità concorrono a rendere assai improbabile che le imprese private di assicurazioni possano garantire la necessaria copertura dal rischio. Com’è noto infatti i mercati assicurativi privati sono esposti a «inefficienze» derivanti dalle asimmetrie informative tra assicuratore e assicurato ma anche dalle caratteristiche del rischio e in particolare dalla correlazione tra i vari rischi assicurati. Le asimmetrie informative possono riguardare sia alcune caratteristiche dell’assicurato sia alcuni suoi comportamenti in grado di incidere sensibilmente sul verificarsi dell’evento oggetto dell’assicurazione. Esse impediscono all’assicuratore di stipulare contratti assicurativi diversificati sulla base dei rischi. I fenomeni perversi a cui le asimmetrie informative possono dare luogo sono quelli della selezione avversa (perciò risulta conveniente assicurarsi solo a coloro che appartengono a classi di rischio molto elevate, con ovvie conseguenze negative per la profittabilità delle imprese di assicurazione) e del moral hazard (che consiste nell’adottare comportamenti, sollecitati dall’essere assicurati, che possono rendere più probabile l’evento o il danno che ne consegue). Oltre a conseguenze negative sotto il profilo dell’efficienza, l’asimmetria informativa può condurre a esiti in contrasto con principi di equità: ciò accadrebbe, per esempio, se soggetti esposti al rischio non potessero assicurarsi a causa dell’altezza del premio eccessiva per il loro reddito. Tutto ciò premesso, dovrebbe essere considerata l’ipotesi dell’obbligatorietà dell’assicurazione contro eventi catastrofali, come già accade in Paesi quali Francia, Stati Uniti, Giappone o Turchia. L’assicurazione obbligatoria potrebbe riguardare direttamente i cittadini oppure essere posta in capo a determinati livelli territoriali, quali per esempio i Comuni – quest’ultima ipotesi può essere ragionevolmente sostenuta tenuto conto: a) che dall’eterogenea casistica dei fenomeni catastrofici si può facilmente desumere che non esistono aree territoriali «immuni»; b) che gli eventi catastrofici generalmente colpiscono infrastrutture ed edifici pubblici. Spetterebbe invece al legislatore il compito di prevedere forme e procedure standardizzate ed eque di ripartizione dell’indennizzo fra i soggetti pubblici e privati danneggiati dalla catastrofe. Una quota parte dei premi dell’assicurazione obbligatoria – variabili a seconda dell’estensione territoriale, della popolazione e della sua densità, della sede storica delle calamità che li hanno colpiti e anche delle misure di prevenzione adottate, in modo da incentivare azioni di questo tipo – potrebbero confluire in un Fondo di garanzia appositamente costruito. Il Fondo di garanzia è in grado di assolvere una funzione calmieratrice del mercato, scongiurando la sperequazione dei premi fra i territori, riequilibrando il rapporto tra premi e risarcimenti, tra costi e prestazioni. L’esempio è quello del Fondo di Garanzia che affianca l’ Rc Auto, che è che è gestito da Consap. Una tale impostazione permetterebbe di risparmiare a regime almeno 1 miliardo l’anno (attualmente l’insieme dei costi per la Protezione Civile è di circa 2 miliardi, imputati al bilancio della Presidenza del Consiglio) e soprattutto di evitare il ricorso a provvedimenti di finanza straordinaria (nuove tasse dirette o indirette) in caso di eventi imprevisti o particolarmente dannosi. (riproduzione riservata)