di Adelaide Caravaglios  

In un atto di compravendita immobiliare la mancata specificazione del significato della locuzione «formalità ipotecaria» non può addursi come ipotesi di responsabilità professionale del notaio: è quanto si legge nella sentenza n. 3285/2013.

Secondo i giudici della III Sezione civile della Cassazione, tale formulazione «non è ambigua, essendo stato statuito un termine per la cancellazione di dodici mesi e, dunque, molto ampio, tale da rendere evidente la rilevanza delle formalità da cancellare». Oltre a ciò deve aggiungersi che durante la lettura dell’atto, l’acquirente non aveva fatto nessuna «esplicita richiesta» in merito al significato di «formalità ipotecaria», nonostante il fatto che dalla disamina del contratto era emersa, tra le clausole di garanzia, anche quella relativa alla presenza o meno di vincoli (in dettaglio, veniva riportato che il bene compravenduto fosse libero da pesi, vincoli e ipoteche con la precisazione «ad eccezione di formalità ipotecarie»).

A nulla è valso il ricorso mosso avverso la sentenza della Corte d’appello competente (secondo la quale non era ravvisabile alcuna responsabilità a carico del professionista), in cui il ricorrente lamentava soprattutto la violazione dell’art. 360, n. 5, c.p.c.: per gli ermellini infatti tale censura andava rigettata, dal momento che per giurisprudenza consolidata nel giudizio di cassazione la deduzione del vizio di cui all’art. 360, n. 5, citato «non consente alla parte di censurare la complessiva valutazione delle risultanze processuali». In questo modo, chiariscono, si rischierebbe di contrapporre a tale giudizio (quello al quale si è pervenuti nella sentenza impugnata) una propria interpretazione: le critiche poste a fondamento del ricorso non possono, in altre parole, risolversi nella sollecitazione di una lettura diversa da quella operata dal giudice di merito; investire la ricostruzione della fattispecie concreta o ancora riflettere un apprezzamento dei fatti differente rispetto a quello dato dallo stesso giudice. In mancanza di altre argomentazioni idonee a superare la motivazione impugnata, hanno, quindi, rigettato il ricorso e condannato la parte soccombente alle spese di giudizio.

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