di Roberta Castellarin e Paola Valentini

Commissioni ancora alte per i fondi di diritto italiano. L’anno scorso le società di gestione hanno prelevato costi per 2 miliardi, ovvero l’1,34% del patrimonio medio ponderato dell’industria, a fronte di una performance media positiva dell’9,5%. I costi addebitati ai sottoscrittori sono in linea rispetto al 2011.

Secondo il dato non ponderato, il tasso medio di spesa è risultato nel 2012 dell’1,6% contro l’1,58% del 2011.

Per alzare il velo sui costi dei fondi MF-Milano Finanza in collaborazione con Fida ha esaminato le spese correnti 2012 contenute nei Kiid (Key Investor Information Document) di oltre 750 fondi comuni italiani. La nuova direttiva comunitaria Ucits IV del 2011, infatti, ha fatto scomparire il vecchio prospetto semplificato, sostituito dal Kiid, un documento che in poche pagine riassume tutte le informazioni chiave per gli investitori, incluse le spese correnti. Questo indicatore, che ha sostituito il Ter (Total Expense Ratio), utilizzato fino a due anni fa, registra la percentuale di costo sul patrimonio medio del fondo e in esso sono comprese, oltre alle commissioni di gestione, anche le spese di revisione del fondo, le spese di pubblicazione del valore della quota, il compenso per la banca depositaria, le spese legali e giudiziarie e il contributo di vigilanza alla Consob.

Sono escluse le commissioni di intermediazione, che i gestori pagano per comprare e vendere i titoli, gli oneri di ingresso e uscita dai comparti – perché questi ultimi sono a carico dei singoli investitori e non del fondo – e gli oneri fiscali. Per quanto riguarda le spese di incentivo, molte società di gestione le considerano nel calcolo delle spese correnti, altre le escludono e lo specificano nel prospetto. La spesa media non ponderata per patrimonio varia a seconda delle categorie. Presentano una spesa maggiore i fondi azionari e i flessibili, mentre i fondi monetari e gli obbligazionari hanno spese più contenute. Ci sono anche fondi che presentano una spesa corrente pari a zero, ma prevedono commissioni di ingresso elevate.

In testa alla classifica assoluta figura Consultinvest Multimanager flex con un costo complessivo del 4,61% (con una performance 2012 del 14,4%). Alle sue spalle Consultinvest Mercati Emergenti che ha un costo del 4,39%.

Se i costi restano fermi, così non è per il quadro normativo dell’industria sul fronte fiscale. Dopo il cambio, nel 2011, della modalità di tassazione, oggi applicata sul realizzato anziché sul maturato, all’inizio del 2012 è stata rincarata dal 12,5% a 20% l’aliquota di tassazione sulle plusvalenze ed è entrata anche in vigore l’imposta di bollo sugli investimenti finanziari, inclusi i fondi comuni, pari oggi allo 0,15% del patrimonio. E dal 1° marzo scorso si aggiunge la Tobin tax che colpisce le transazioni sulle azioni italiane a maggior capitalizzazione.

Un balzello in più che avrà comunque un impatto sui rendimenti.

Oggi più che mai, quindi, per ottenere risultati migliori è necessario ridurre i costi per il sottoscrittore. I tagli operati negli ultimi anni dalle sgr nel personale e nelle spese fisse della propria attività devono quindi essere portati a beneficio anche dei clienti. (riproduzione riservata)