di Dario Ferrara  

 

Dopo che l’Antitrust ha sanzionato il cartello fra le imprese assicurative sull’aumento dei premi Rc auto, il danno al cliente si presume: la singola compagnia deve dimostrare che l’aumento dei costi praticati dipende nel caso specifico da dinamiche diverse dal «patto scellerato» fra gli operatori del settore. Lo ribadisce la sentenza 53217/13, pubblicata dalla sesta sezione civile della Cassazione.

 

Nesso causale. Non ha scampo la compagnia che vuole evitare il risarcimento al cliente per le annualità di premio finite nel mirino dell’autorità, che ha punito le compagnie per l’intesa anti-concorrenziale. Grazie agli atti del provvedimento emesso dall’Agcm, infatti, si configura in favore dell’assicurato una vera e propria presunzione secondo cui il premio pagato è stato più alto del dovuto a causa dell’accordo fra le compagnie: un’intesa al rialzo rispetto alla media europea delle polizze Rc auto. E la prova a carico dell’impresa assicurativa risulta particolarmente rigorosa: è impossibile, per esempio, riferirsi ai dati generali che influenzano l’andamento dei premi sul mercato. La compagnia può sì documentare l’interruzione del nesso causale fra la violazione della concorrenza e il danno, ma è tenuta a farlo su aspetti che non sono stati definiti dal provvedimento sanzionatorio dell’Antitrust. In altre parole, bisogna dimostrare che il premio era più alto del dovuto perché la compagnia si trovava in difficoltà economiche o perché il contratto copriva rischi particolare di regola non inclusi nella polizza oppure l’abnorme propensione ai sinistri dell’assicurato. E la compagnia deve farlo caso per caso, mostrando i bilanci e gli altri documenti contabili che indicano gli elementi di costo che gravavano sull’impresa nel periodo «incriminato».

 

Dati concreti. Si avvicina, dunque, il momento del risarcimento dei danni per i consumatori. Il provvedimento dell’Antitrust costituisce una prova privilegiata in favore dell’assicurato mentre la prova contraria costituita a carico della compagnia non consente di rimettere in discussione i fatti oggetto dell’intesa orizzontale accertata fra le imprese assicurative: non è possibile nel giudizio civile rimettere in discussione la violazione della normativa in tema di concorrenza in base allo stesso materiale probatorio o alle stesse argomentazioni già disattesi dall’autorità garante. L’assicurato si avvale della presunzione secondo cui il premio corrisposto era più caro per effetto del comportamento collusivo della compagnia assicurativa. E se l’impresa è stata condannata dall’Antitrust non può limitarsi a considerazioni generali sulla formazione dei premi nel mercato delle polizze assicurative, già tenute presenti dall’authority, ma deve fornire precise indicazioni di situazioni e comportamenti specifici dell’impresa interessata e del singolo assicurato, in modo da dimostrare che il livello del premio non è stato determinato dalla partecipazione all’intesa illecita ma da fattori estranei. Il ricorso del consumatore è accolto e la parola passa al giudice del rinvio.