di Jole Saggese Class Cnbc

La riscoperta dei fondi comuni da parte dei risparmiatori italiani? È il segno che anche nel risparmio gestito si sente il cambiamento di vento avvenuto sui mercati in generale. Il caso Cipro? Non ha niente a che vedere con l’Italia, qui i correntisti possono stare tranquilli. La stretta di Bankitalia sui bilanci degli istituti? È dettata da una prudenza in parte condivisibile.

Così Domenico Siniscalco, ex ministro dell’Economia ed attuale presidente di Assogestioni, affronta i temi caldi dell’economia e della finanza, italiane e internazionali, in questa intervista rilasciata ieri ai microfoni di Class Cnbc.

 

Domanda. Professore, a che cosa attribuisce l’inversione di rotta dell’industria del risparmio gestito che nei primi due mesi del 2013 ha recuperato i deflussi dell’intero 2012?

Risposta. È cambiato il mercato e ora anche l’industria del risparmio va bene. L’inversione di tendenza non va interpretata soltanto come bravura dei gestori, cui va comunque riconosciuta la capacità di aver mantenuto i nervi saldi durante i momenti più bui della crisi dal punto di vista della stabilità e della performance. Chi è riuscito a non perdere il controllo nei primi mesi del 2012 alla fine è stato premiato

 

D. Qual è l’analisi della situazione politica italiana fatta dall’industria del risparmio?

R. Prima di tutto sarebbe meglio fare il governo perché la pazienza dei mercati non sarà infinita. In secondo luogo spero in un governo con una forte base parlamentare. Ma la mia vera richiesta è mettere in campo il prima possibile misure contro la crisi.

D. Adesso da dove si riparte?

R. Per la crescita si è parlato ad esempio dello sblocco dei debiti della pubblica amministrazione nei confronti delle aziende fornitrici. Avrebbe un doppio impatto: metterebbe in circolazione ed eviterebbe il fallimento di alcune imprese che sono in sofferenza per questi mancati pagamenti

 

D. Alla luce di quanto sta succedendo in Europa con il caso Cipro ritiene che i risparmiatori italiani siano al sicuro?

R. Penso che l’Italia non sia in fase di bancarotta, né il suo sistema bancario né il suo sistema sovrano. Ritengo che soprattutto in Italia non ci siano le patologie di altri sistemi bancari.

 

D. Come valuta la soluzione trovata per Cipro e come commenta le parole dei vertici europei che definiscono il prelievo forzoso un modello applicabile anche in altri Paesi?

R. Ci sono due letture fondamentali della soluzione cipriota. La prima lettura è preoccupata, perché molti principi su cui si è fondata l’Europa e lo stesso trattato sono stati messi in discussione o addirittura violati; basti pensare libera circolazione dei capitali. C’è poi un’altra lettura, che considero anche più interessante, che dice che la soluzione cipriota in realtà mostra che l’Europa farà tutto quello che serve, senza nessuna riserva, per mantenere intatta la propria integrità. A me sembra più la seconda della prima. Sicuramente è però fondamentale il dibattito su chi debba sopportare il peso del salvataggio di un Paese. Se la soluzione cipriota venisse davvero proposta come modello generale, prevedo grandissimi problemi di fiducia dei depositanti, tanto che lo stesso Dijsselbloem, mal spiegatosi, si è immediatamente corretto.

 

D. Qual è la lezione della crisi dell’Europa, che cosa non funziona?

R. Non sta funzionando il fatto che per ogni Paese ci sia una soluzione diversa, à la carte, e che leva ogni certezza su questo meccanismo di risoluzione delle crisi. Quello che non funziona è che, come fu chiaro fin da quando negli anni 90 fu firmato il piano Delors e poi istituito l’euro, è molto difficile avere un’unione monetaria senza avere un’unione bancaria e un’unione politica.

 

D. Un altro timore è rappresentato della banche. Come ha valutato la stretta di Bankitalia su maggiori accontonamenti e svalutazione delle garanzie immobiliari?

R. La valuto in termini di prudenza; a non svalutare si sbaglia sempre. Si può discutere se sia una stretta prociclica, ma ricordiamo che negli Stati Uniti le banche hanno pulito il più rapidamente possibile i propri bilanci e ciò dimostra la superiorità di quell’approccio rispetto, per esempio, a quello del Giappone, dove negli anni 90 la mancata svalutazione degli attivi ha tenuto il sistema impiombato molto a lungo.

 

D. I media del gruppo Class Editori hanno lanciato il manifesto «Basta depressione-L’Italia c’è», sottolineando che molti fondamentali economici del Paese sono tra i migliori di Eurolandia. È d’accordo?

R. Sono d’accordo: bisogna uscire da questa depressione prima che si trasformi in deflazione e faccia danni peggiori. Aderisco inoltre a quella che è stata la lettura europea del voto italiano: è difficile andare lontano con questa austerità. (riproduzione riservata)