La Corte d’Appello di Perugia, confermando la sentenza di I grado, di fronte ad un sinistro probabilmente non genuino, valorizzando la giurisprudenza di Cassazione per la quale “le affermazioni confessorie sottoscritte dal conducente vanno liberamente apprezzate nei confronti dell’assicuratore e del proprietario del veicolo, mentre fanno piena prova nei confronti del conducente confitente secondo l’art. 2733 c.c. co. 2, artt. 2734 e 2735 c.c.” (Cass. 27024/2011 e Cass 10304/2007), ha condannato il conducente a risarcire il danneggiato sulla base della propria dichiarazione confessoria.

Ha ritenuto invece non sussistenti elementi probatori nei confronti dei litisconsorti necessari (proprietario e assicuratore) e condannato il danneggiato a rifondere alla compagnia assicurativa le spese legali di I e di II grado.

Di fronte al dilagare delle frodi e agli scarsi risultati ottenuti in sede penale, l’orientamento della Corte di Perugia  ove recepito da altri Tribunali, potrebbe rivelarsi un ottimo strumento dissuasivo per le frodi. Infatti, la “punizione” inflitta dal giudicante ai protagonisti della vicenda è sottile in quanto l’attore può ricevere il risarcimento solo dal confitente, ma il risarcimento in gran parte sarà eroso dalle spese legali che il danneggiato dovrà pagare alla compagnia.