Cinque punti percentuali: di tanto si è ridotto, dal 2007 al 2011, il potere d’acquisto delle famiglie italiane. Una contrazione che, tuttavia, si è riflessa solo in parte sui consumi, che in termini reali sono diminuiti solo dell’1,1%. Questo perché, nei primi anni della crisi, le famiglie hanno intaccato il patrimonio e risparmiato meno, nel tentativo di mantenere il proprio standard di vita. Il dato emerge dal Rapporto Bes 2013, redatto dall’Istat e dal Cnel. Nello stesso quadriennio, la propensione al risparmio è passata dal 15,5% al 12% per arrivare all’11,5% nel secondo trimestre del 2012.

Il Rapporto evidenzia inoltre come, in presenza di un sistema di welfare che ha sempre riguardato soprattutto la componente previdenziale, la famiglia, anche in senso allargato (ovvero non solo per chi vive sotto lo stesso tetto), ha funzionato da ammortizzatore sociale a difesa dei membri più deboli (minori, giovani e anziani). Tuttavia, la crisi economica degli ultimi cinque anni sta mostrando i limiti di questo modello, accentuando le disuguaglianze tra classi sociali e le profonde differenze territoriali. In questo arco di tempo, infatti, alcuni segmenti di popolazione e certe zone del paese sono stati particolarmente colpiti sia dalla riduzione dei posti di lavoro (la percentuale degli individui in famiglie senza occupati è passata, tra il 2007 e il 2011, dal 5,1% al 7,2%) sia dalla diminuzione del potere d’acquisto.

Secondo il Rapporto, poi, sempre più italiani vivono in condizioni di gravi difficoltà economiche: nel 2011 sono stati 6,7 milioni di persone, oltre 2,5 milioni di persone in più rispetto al 2010. E la situazione economica non migliora: stando ai dati definitivi dell’Istat, il pil ha già perso, per traino, l’1%.

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