di Anna Messia

Basilea 3 è ancora lontana per il sistema bancario europeo. Non tanto perché, nonostante i passi avanti dell’Ecofin di martedì scorso, restino ancora dettagli fondamentali da definire. Primo tra tutti la data effettiva del recepimento delle nuove regole con l’Europarlamento che vorrebbe avviarle entro l’inizio 2014, mentre diversi Paesi, come Olanda, Romania e Lussemburgo, preferirebbero un rinvio.

Ma soprattutto perché gli istituti sembrano ancora piuttosto lontani dal realizzare una corretta gestione della liquidità e dall’essere in linea con i nuovi ratio indicati in materia da Basilea 3. Il dato è emerso dall’ultima analisi internazionale effettuata dalla Deloitte tra le banche europee, focalizzata proprio sul rischio di liquidità. Una rilevazione che ha coinvolto 59 tra istituti e gruppi bancari di diversa dimensione (da meno di un miliardo a oltre 100 miliardi) e di 11 Paesi europei, dalla quale risulta che solo il 59% delle banche censite rispetta il parametro Ltc (Liquidity coverage ratio) fissato da Basilea 3, che definisce il fabbisogno di liquidità a breve termine (30 giorni).

Ancora meno sono gli istituti in linea con il Net Stable Funding Ratio (Nsfr). Solo il 44% dei soggetti coinvolti nel sondaggio è a posto sul livello minimo di fonti di finanziamento stabili, ovvero quelle che hanno un orizzonte temporale di un anno. Del resto anche l’Eba, l’autorità bancaria europea, a fine 2011 aveva segnalato che per adeguarsi ai requisiti delle nuove norme alle banche europee mancavano all’appello 1.000 miliardi di dollari.

In questo quadro non proprio tranquillizzante c’è però una buona notizia: le banche italiane sono messe meglio. Non sulla liquidità a breve (il 58% rispetta pienamente il parametro), ma il ratio su quella a medio termine supera decisamente la media europea, con il 67% degli istituti italiani che rispetta il parametro Nsfr. Tuttavia non c’è solo un problema di ratio, ma anche di impegni organizzativi e maggiore sofisticazione dei metodi di gestione del rischio di liquidità richiesti Basilea 3. Per esempio, le banche saranno costrette a calcolare giornalmente il ratio Ltc. «Gli istituti sembrano consapevoli delle sfide che li aspettano», spiegano da Deloitte, «ma non sono ancora ben attrezzati per la gestione del rischio di liquidità», che richiederà una sofisticazione delle metodologie utilizzate finora. «Dalla nostra indagine risulta che più del 50% delle banche incluse nel pool europeo dovrà fare notevoli investimenti per adeguare i sistemi informatici alle nuove esigenze sulla liquidità, sia gestionali che regolamentari», dice Paolo Gianturco, partner di Deloitte che ha curato la ricerca per l’Italia. Anche se, ancora una volta, gli istituti italiani sembrano messi un po’ meglio rispetto ad altre banche dell’Unione, cogliendo i frutti del lavoro fatto finora per adeguarsi ai severi paletti imposti tradizionalmente da Banca d’Italia. «Nel processo di adeguamento ai nuovi requisiti di gestione del rischio di liquidità, l’Italia sembra essere posizionata leggermente meglio rispetto alla media europea, con il 58% delle banche che manifesta la necessità di contenute integrazioni ai loro attuali sistemi It». La cattiva notizia, che riguarda tutti i Paesi d’Europa è però che i nuovi requisiti di liquidità colpiranno soprattutto le banche commerciali. I loro profitti, stretti tra costo del capitale e aumento delle riserve, saranno destinati ad assottigliarsi più che in altri settori bancari, come il capital market o il private banking. (riproduzione riservata)