Anna Messia

La notizia è arrivata venerdì 30. Era nell’aria da giorni e ora ha trovato conferma. Giorgio Girelli lascerà a breve la guida operativa di Banca Generali per assumerne la presidenza al posto dell’ad di Generali, Giovanni Perissinotto. Una staffetta nel segno della continuità visto che l’incarico di amministratore delegato sarà affidato a Piermario Motta, che dal 2005 è direttore generale. Il cambio della guardia avverrà con il rinnovo del consiglio della banca, che sarà sancito dall’assemblea convocata per il 24 aprile. E per Banca Generali, nonostante la logica seguita sia stata quella della valorizzazione delle risorse interne, si tratta di un passaggio epocale. Perché dire Banca Generali è un po’ come dire Girelli: il manager, nel 2000, ha creato la società praticamente dal nulla, quando in pochi erano pronti a scommettere che la banca multicanale potesse essere un modello di successo. In quegli anni, del resto, affiancare una rete di promotori a una banca che distribuiva conti correnti e prodotti finanziari tramite internet e telefono era una cosa completamente nuova, tutta da testare sul campo. Anche Banca Fineco, per fare un parallelo, era poco più di un progetto nella mente di Alessandro Foti. Ma le Assicurazioni Generali avevano voglia di sperimentare nuove strade e per di più al loro interno avevano da sistemare un po’ di reti di promotori finanziari, accumulate negli anni, man mano che il gruppo cresceva. Così Perissinotto chiamò a Trieste Girelli, che progetti simili ne aveva studiati più di uno in Roland Berger, come consulente dei servizi finanziari. Ma realizzarli sul campo era tutt’altra sfida. L’incarico era già quello di amministratore delegato di Banca Generali (all’epoca soltanto una banca telematica, tra l’altro poco più di una start up), a cui fu affiancato anche quello di amministratore delegato di Prime consult, una delle tre sim di promotori finanziari che erano già presenti nel gruppo assicurativo e distribuivano fondi e gestioni tramite le agenzie di assicurazione del Leone di Trieste. Dopo aver preso le misure Girelli cominciò a razionalizzare le attività e Banca Generali a prendere forma con la fusione, avvenuta nel 2002, tra Prime, Altinia e Ina Sim. Sulla carta un’operazione semplice e utile da realizzare, perché avrebbe ridotto i costi e unificato sotto l’unico cappello di Banca Generali tutte le società di promotori già presenti nel gruppo. Ma il successo era tutt’altro che scontato perché quelli erano gli anni in cui le sim si strappavano promotori a suon di assegni a cinque zeri. E come si sa, in questo settore, la soluzione migliore per far fuggire i consulenti finanziari è fondere le società. Ma Girelli vinse la sfida e anzi appena un anno dopo sul suo tavolo si presentò un’altra mega integrazione: da inglobare in Banca Generali c’era Banca Primavera, che Intesa, sotto la guida di Corrado Passera, aveva voglia di dismettere perché non trovava la maniera di riportarla in utile . Ma per Banca Generali si rivelò un’occasione di crescita e le masse iniziali, poco più di 6 miliardi, raddoppiarono. Nel 2005 la banca, che fino a quel momento aveva distribuito solo fondi Generali e Nextra (Intesa), decise di creare una propria sgr. L’obiettivo era una struttura più articolata, in vista della quotazione (avvenuta nel 2006), che si è rivelata una delle poche ipo un cui il prezzo (venerdì 30 pari a 10 euro) è oggi più alto della quotazione, a 8 euro. Dal 2008 una tra le performance più alte nel mondo tra i titoli finanziari. Per Motta, quindi, non sarà facile raccogliere l’eredità di Girelli. Le credenziali ci sono tutte visto che dal suo ingresso in azienda, nel 2005, le masse sono passate da 18 a oltre 23 miliardi e il suo passaggio al comando rappresenta il riconoscimento del lavoro fatto. Ma il nuovo ad ora dovrà lavorare per riuscire ad ottenere il consenso di quella parte della rete che aveva un legame di lunga data con Girelli. Per il qualche, intanto, sembrano aprirsi le porte per nuovi incarichi a Trieste. (riproduzione riservata)