DI DEBORA ALBERICI

La Cassazione allenta le responsabilità a carico degli imprenditori in materia di sicurezza sul lavoro alla luce del nuovo testo unico. Infatti il rappresentante legale, in presenza di una valida delega di funzioni, non è tenuto a vigilare sui singoli processi lavorativi di cui non è responsabile. Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con la sentenza n. 10702 del 19 marzo 2012, ha assolto con formula piena la rappresentante legale di una società, affermando che l’imprenditore non è tenuto a essere operativo sulla sicurezza se non per quanto riguarda la vigilanza sul manager delegato. Dunque, ad avviso della quarta sezione, se da un lato non può dirsi che la delega esonera il vertice aziendale da ogni controllo dall’altro lo circoscrive al di fuori dei processi operativi in cantiere. Sul punto gli Ermellini hanno motivato che «la delega di cui si discute non fa venir meno l’obbligo di vigilanza». Tuttavia, come dispone il nuovo testo unico, si parla qui di una vigilanza «alta», che riguarda il corretto svolgimento delle proprie funzioni da parte del soggetto delegato. Fra l’altro ciò «si attua anche attraverso i sistemi di verifi ca e controllo previsti dall’articolo 30 comma 4, che a sua volta disciplina il modello di organizzazione e gestione idoneo ad avere effi cacia esimente dalla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche. Tale rinvio costituisce una norma assai rilevante, che introduce nel sistema della responsabilità penale un importante frammento del sistema dl responsabilità degli enti e rende al contempo più chiara la reale natura dell’obbligo di vigilanza ». Quello che maggiormente interessa è che la vigilanza, quale che ne sia l’esatta estensione, di certo non può identificarsi con un’azione di vigilanza sulla concreta, minuta conformazione delle singole lavorazioni che la legge affi da, appunto, al garante. Se così non fosse, l’istituto della delega si svuoterebbe di qualsiasi signifi cato. Infatti, la delega ha senso se il delegante (perché non sa perché non può, perché non vuole agire personalmente) trasferisce incombenze proprie ad altri, cui demanda i pertinenti poteri: al delegato vengono trasferite le competenze afferenti la gestione dei rischio lavorativo. «Ne deriva che l’obbligo di vigilanza del delegante è distinto da quello del delegato. Esso riguarda, soprattutto la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato medesimo e non impone il controllo, momento per momento, delle modalità di svolgimento delle lavorazioni». Dunque, ha sbagliato la Corte d’appello di Torino, ribaltando il verdetto di primo grado, a ipotizzare un dovere di vigilanza esteso sino a controllare personalmente la gestione di aspetti contingenti delle singole lavorazioni. Insomma, ieri la Suprema corte ha chiuso defi nitivamente il sipario sulla vicenda assolvendo (con formula piena, l’imputata non ha commesso il fatto) la donna dalle accuse di omicidio colposo scattate dopo la morte di un operaio in cantiere. La decisione è già destinata a far discutere: la Procura della Suprema corte aveva chiesto di confermare la condanna.