di Anna Messia

Difficile essere ottimisti dopo un anno come il 2011, «ma voglio vedere il bicchiere mezzo pieno. Sperabilmente, abbiamo toccato il fondo» e da qui in avanti la strada «sarà in risalita», con la previsione di un utile in forte crescita già nel 2012. Con queste parole l’ad di Generali, Giovanni Perissinotto, ha aperto ieri la conference call sui conti 2011, comunicati nella tarda serata di martedì, che hanno mostrato un utile netto di 856 milioni, dimezzato rispetto agli 1,7 miliardi nel 2010, dopo circa un miliardo di svalutazioni (soprattutto bond greci e Telco). Il 2012, in effetti, mostra già primi segnali di ripresa, con le Generali che si attendono un free cash flow di 2,3 miliardi, in miglioramento rispetto agli 1,9 miliardi di fine 2011 e la raccolta vita (dopo la frenata del 2011) che nei primi due mesi in Italia è cresciuta del 3,2%, con un mercato estero salito di circa il 22%, grazie in particolare alla Francia. Il momento peggiore per il Leone sembra insomma alle spalle e il gruppo è pronto a fare affidamento sulla propria capacità di finanziamento e sulle risorse interne, oltre che su eventuali cessioni (dopo quella appena dell’israeliana Migdal), per mantenere i requisiti patrimoniali, finanziare i dividendi ed eventualmente far fronte all’esercizio dell’opzione di vendita nel 2014, da parte di Ppf, del 49% della joint venture con il gruppo ceco nell’Europa dell’Est, per cui si prevede un esborso di 2,7 miliardi. Niente richiesta di nuovo capitale ai soci, quindi, a meno che non ci sia bisogno di ingenti risorse «per far fronte a una grande espansione », ha precisato Perissinotto, allontanando le ipotesi che il gruppo di Trieste abbia bisogno di ricapitalizzare per migliorare la solvibilità o per chiudere l’operazione Ppf dopo la quale l’indice di Solvency I è atteso comunque al 140%. Riguardo a quest’ultima questione il direttore finanziario, Raffaele Agrusti, ha ironicamente puntualizzato che non si tratta di «un debito di gioco. Abbiamo previsto un’acquisizione che porterà significativi contributi per il gruppo ». In particolare si prevede che il business fornirà profitti netti tra 250 e 300 milioni l’anno, ovvero circa dieci volte i costi, hanno sottolineato da Trieste. E tra l’altro l’esborso potrebbe ridursi grazie all’ingresso di altri partner. «Ci sono più opzioni che stiamo valutando», ha detto Perissinotto. Ma in ogni caso, per far fronte all’operazione potrebbero essere necessarie nuove dismissioni, come avvenuto con Migdal. E qualche sacrificio potrebbe essere richiesto anche alla cedola che già quest’anno è scesa a 20 centesimi rispetto ai 45 dello scorso anno. Un taglio che non è stato gradito dal mercato che ieri ha penalizzato il titolo con una perdita del 4,6% a 12,6 euro, nonostante il gruppo abbia assicurato che il pay out sarà mantenuto intorno al 40% e che già nel medio termine l’obiettivo è raggiungere un risultato operativo superiore ai 5 miliardi. Mentre per il 2012 la forchetta si colloca tra i 3,9 e i 4,5 miliardi, con una crescita media del 10%. (riproduzione riservata)