Carlo Dossi

Il primo “dinner speech” dell’anno, organizzato lo scorso 28 febbraio dalla Bocconi Alumni Association, ha avuto come protagonista Mario Greco.

Che, nel corso della cena organizzata nel “Foyer” di via Roentgen, ha risposto a una serie di quesiti provenienti da una platea formata da una cinquantina di giovani e meno giovani “bocconiani”.

Per chi ha memoria corta o per i neofiti del settore assicurativo vale ricordare che Mario Greco ha percorso una carriera folgorante alla Ras (da sempre la seconda compagnia del mercato italiano, in competizione eterna con le Generali, ma dal 1984 acquistata e entrata a far parte del gruppo Allianz). Che aveva iniziato a conoscere in veste di consulente Mckinsey nei primi anni Novanta, entrandovi poi, nel 1995, come direttore centrale (responsabile dell’area sinistri). Promosso direttore generale tre anni dopo, raggiunse la carica di amministratore delegato nel 2000.

Ha lasciato l’incarico nel 2005, trasferendosi al gruppo San Paolo IMI per realizzare il progetto Eurizon, una società a dimensione europea che doveva operare nel campo del vita, utilizzando venditori-dipendenti. Progetto che venne affossato dalle Generali, che nell’ambito di quello che era nel frattempo diventato gruppo Banca Intesa-San Paolo avevano (e continuano a avere) forte voce in capitolo. Per Greco si aprirono, nel 2007, le porte del gruppo Zurich, di cui è oggi, oltre che membro del comitato esecutivo, ceo dell’area Insurance.

 

Davanti ai Bocconi alumni Mario Greco ha dovuto affrontare i quesiti – dato il particolare momento che stiamo vivendo – sulla situazione italiana.

Greco ha spiegato che Zurich usa catalogare i vari paesi in cui opera in cinque categorie.

Seguendo, come criteri, la regolamentazione del mercato del lavoro, la certezza del diritto, la chiarezza e la semplicità del sistema fiscale, la stabilità politica.

Di conseguenza l’Italia è collocata in un girone declassato, nella quarta categoria, accanto a paesi come Bulgaria e Kazakistan.

Mentre Cina, Brasile e altri paesi emergenti fanno del loro meglio per attirare knowhow, capitali, forza lavoro qualificata estera, gestendo il tutto a loro favore, in Italia, vige una sorta di timore “per lo straniero”. Questo il pensiero di Mario Greco, che rileva anche un paradosso: le (non molte) imprese estere che entrano nel nostro mercato, seguono le loro logiche di profitto e non vengono orientate dal “sistema paese”. Come invece avviene altrove.

Se un imprenditore va in Cina, si trova a doversi adeguare, prima di tutto, a quelli che sono gli interessi dichiarati del governo cinese. E poi, compatibilmente con tali interessi, può pensare a realizzare i suoi profitti.

In Italia, avviene il contrario. Non sappiamo orientare l’imprenditore che ci ha scelto come base per il suo business. Non abbiamo il coraggio di fissare le regole del gioco, con conseguenze certamente negative per il sistema-Paese.

 

Sulla domanda: quali consigli darebbe al premier Mario Monti? Greco ha risposto che negli attuali frangenti Monti non ha bisogno di consigli. Ha solo bisogno di tempo. Sa quello che deve fare. Fosse stato chiamato un anno prima la situazione Paese sarebbe già molto migliorata.

All’estero fanno molta fatica a capire le vicende italiane, ma sicuramente il governo Monti è guardato con grande considerazione. Di conseguenza la valutazione del paese agli occhi del mondo è migliorata notevolmente. Non solo. Di fatto, Monti, sta salvando l’euro. Che senza un’Italia stabile non potrebbe esistere, né noi potremmo immaginarci un’Europa senza euro.

 

Terzo quesito: la questione esplosa attorno all’articolo 18.

Che a detta di Greco risulta essere una polemica tutta italiana, in quanto le politiche inerenti il mercato del lavoro costituiscono materia assai più complessa e organica di una singola disposizione di legge.

La Germania è famosa per proteggere molto i lavoratori, anche se in quel paese vigono molto minori garanzie che in Italia. In Usa bastano poche settimane per “liberarsi di un lavoratore”; in Svizzera tre mesi. Eppure sia in Germania, sia in America, sia in territorio elvetico, in questo momento, la produttività del lavoro è ai livelli massimi.

 

Sull’importanza da assegnare alla “italianità” del management, Greco si è detto convinto del fatto che non è tanto questione di nazionalità, ma di capacità.

 

Che gli italiani promettenti vadano a cercare fortuna e carriera all’estero può essere una cosa anche buona. Il dramma è che quasi nessuno straniero, nessuna eccellenza straniera, cerca di fare lo stesso in Italia.

Che dunque è incapace di attrarre talenti.

Il gruppo Zurich ha, nel mondo, più di 65.000 dipendenti.

Di questi, circa 2.500 sono italiani. È tuttavia una multinazionale anomala. Si fa carriera spostandosi al centro dove stanno le stanze dei bottoni, gli headquarters centralizzati. Non così in altri settori o aziende, dove il processo è esattamente invertito. All’estero il processo decisionale è molto parcellizzato in quanto tutto è più partecipativo. Ci sono pro e contro su questo.

In Italia le decisioni risultano più rapide, ma potrebbe risentirne la qualità e la condivisione della scelta.

 

Quanto a come giudica la situazione italiana dal punto di vista assicurativo, Greco ha rilevato che l’Italia, dopo Inghilterra, Germania, Francia è il quarto mercato per raccolta premi dell’area euro. Rappresenta  un mercato molto importante, anche se non finiremo mai di sorprenderci di come l’industria assicurativa latiti nel sollecitare i bisogni di tutela, di protezione assicurativa.

Anzi, le compagnie sembrano limitarsi a sfruttare le spinte che vengono da incentivi fiscali o da campagne istituzionali del sistema pubblico, intese a sensibilizzare sulle situazioni di rischio. Non risulta che ci siano compagnie che puntino a comunicare e a instillare negli italiani l’idea di assicurarsi in termini convincenti. Non ci sono campagne pubblicitarie analoghe a quelle dei “consumer goods” mirate a far crescere l’acquisto di polizze. Mentre, quasi ogni secondo, il consumatore viene bombardato da messaggi che incentivano l’acquisto di ipad, telefonini, televisori, auto …

Altro elemento cruciale sono le politiche di prezzo. Solo in Inghilterra, e solo da pochi anni, stiamo assistendo a politiche di pricing dinamiche. Prezzo dinamico significa che, in base alle offerte della concorrenza, la mia tariffa cambia e si adegua giorno per giorno. Un po’ come accade, anche in Italia, fra società della telefonia.

In Italia, fino ad ora, nessuna compagnia sta praticando prezzi dinamici.

 

Non poteva mancare un riferimento alla contesa sull’acquisizione/salvataggio del gruppo Fonsai.

Greco ha detto di preferire non entrare nel merito. Come già accennato, in Italia il mercato assicurativo risulta abbastanza chiuso. È un “mercato locale” dove ogni compagnia, nel bene e nel male, è protetta e condizionata in ogni sua mossa dall’ombrello-paese.

 

Allargando il discorso a come si orienta e evolve il risparmio in Italia, Greco si è riferito ai dati Istat, che segnalano come le famiglie italiane oggi stanno risparmiando poco o nulla. Soprattutto rispetto al recente passato. Ha fatto tuttavia notare la caratteristica positiva che contraddistingue gli italiani dal resto del mondo occidentalizzato: le famiglie hanno pochissimo debito. Inoltre il debito pubblico è, per lo più, in salde mani italiane. Sarà tuttavia difficile, nel breve, ricostituire l’alto tasso di risparmio privato che stupiva il mondo.

 

Greco ha avuto parole anche sulla recente perdita di credibilità del sistema bancario elvetico.

Gli svizzeri hanno vissuto il tracollo del loro sistema bancario con enorme drammaticità. Sono arrivati a vergognarsi a causa della percezione di mancanza di solidità dell’intero sistema.

Dalle aziende bancarie oggi il legislatore pretende una crescita contenuta, anche a costo di mettere a rischio l’intera collettività.

La crisi è pervasiva, determinata da scarsi controlli, cattivi investimenti, spericolate politiche di remunerazione dei vertici aziendali. Un segno indelebile in un paese piccolo come la Svizzera.

Per quel che riguarda invece il sistema bancario italiano, Greco ha convenuto sul fatto che è l’unico sul quale, a differenza di buona parte dei paesi travolti dalla crisi finanziaria, lo Stato non è intervenuto a soccorso.

Certo ora il credit crunch si fa sentire anche in Italia, ma come si fa a esprimere critiche su chi è chiamato oggi a valutare il rischio di merito implicito di una piccola media industria, in un contesto economico tanto incerto e difficile come l’attuale?

 

Circa lo scarso sviluppo della previdenza integrativa e complementare il giudizio di Mario Greco è tranchant. Il patto tra Stato e cittadini in tema di welfare pensionistico è, di fatto, saltato. Il problema pensioni è costretto a diventare appannaggio del sistema assicurativo privato, mentre la percezione della gravità di questo non più rinviabile passaggio è ancora flebile.

Sistema assicurativo privato peraltro dove la differenziazione dell’offerta e la trasparenza permangono basse e il dramma irrisolto permane nella scarsa concorrenza. Soprattutto in certi rami di attività come la rc professionale.

 

Sapendo che il gruppo Zurich è terzo negli Stati Uniti per quota di mercato, a Greco è stato chiesto il punto di vista sulle imminenti elezioni presidenziali.

Premesso che gli Usa stanno oggi meglio dell’Europa, pur alle prese con le incertezze legate alla riforma fiscale e al crescente debito pubblico, è da ritenere che Obama vincerà.

Ma più che per merito proprio, per assenza di avversari “presentabili”.

Obama, in realtà, sta portando avanti le politiche più repubblicane degli ultimi anni. Gli americani sono molto pragmatici, sanno che hanno perso la leadership mondiale, ma perseguono una chiara una strategia di fondo di difesa dei propri interessi nazionali. Si accapigliano solo sul come, sulle tattiche per difendere i loro interessi.

 

Infine Mario Greco è tornato sul tema del fare esperienza all’estero. Citando la sua vicenda. Dopo la laurea a Roma ha voluto investire anni nel master in America che gli ha consentito di entrare in Mckinsey.

Nel suo caso l’America è stato il trampolino di lancio.

Oggi però consiglierebbe a un giovane di andare in Cina o Brasile, nei paesi emergenti.

Negli anni Ottanta il fatto di acquisire un background made in Usa consentiva di avere un vantaggio effettivo.

Oggi è molto più difficile: moltissimi giovani viaggiano, studiano all’estero e sono molto preparati. Più di allora. Oggi il mondo è molto più complicato e difficile.

In realtà – ha convenuto Greco – “ la mia generazione non ha fatto davvero grandi cose, altrimenti il mondo non si troverebbe in queste condizioni. Oggi è tutto più caotico, non ci sono le certezze di un tempo, occorrono molta più flessibilità ed apertura mentale. La vita è piena di coincidenze strane e alle volte proficue. Il mio ingresso nel settore assicurativo è dovuto al fatto che volevo un lavoro che mi consentisse di stare vicino a mia moglie, che stava per diventare madre. Le cose davvero accadono soltanto perché devono accadere …”

 

Con questa conclusione amarognola Mario Greco si è congedato, lasciando comunque fra i Bocconi alumni l’impressione che i messaggi lanciati avessero in qualche modo connessioni con quanto sta accadendo sul mercato assicurativo nazionale. Dove sono in ballo una quantità di questioni rilevanti. A partire dalla “fusione” Unipol-Fonsai, che vede spettatori interessati, tra i quali annoverare il gruppo Zurich.