RCT

Autore: Gerardo Marrese
ASSINEWS 229: marzo 2012

L’articolo 1917 del codice civile, posto a fondamento dell’assicurazione della responsabilità civile verso terzi, al primo comma recita espressamente:
“Nell’assicurazione della responsabilità civile l’assicuratore e obbligato a tenere indenne l’assicurato di quanto questi, in conseguenza del fatto accaduto durante il tempo dell’assicurazione, deve pagare a un terzo, in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto. Sono esclusi i danni derivanti da fatti dolosi”.
Con tale dizione si ribadisce il principio indennitario stabilito dall’art. 1882 c.c., che dà la nozione di assicurazione.1
La facoltà dell’assicurato – prevista dal II comma del predetto art. 1917 c.c. – di affidare alla compagnia l’onere di pagare direttamente al terzo danneggiato l’indennità dovuta è divenuta prassi costante con l’inserimento nelle condizioni generali di tutte le polizze di RC dell’articolo “Gestione delle vertenze di danno – Spese legali”, che, di fatto, esautora l’assicurato dalle relative incombenze.
Questo riguarda il rapporto assicuratore/assicurato, ma il cambio di interlocutore non modifica assolutamente i diritti del danneggiato, per cui l’assicuratore – libero di stabilire in polizza limiti alle sue prestazioni nei confronti dell’assicurato in dipendenza della responsabilità dedotta in contratto – non può fare valere nei confronti del danneggiato se non gli stessi diritti e le stesse obbligazioni dell’assicurato.
Le obbligazioni di cui si tratta sono attinenti alla responsabilità extracontrattuale ex artt. 2043 c.c. e seguenti, che trova corrispondenza nell’oggetto dell’assicurazione RC riportato in tutte le polizze, a prescindere dalla specificità della garanzia prestata (RCTO, RC Prodotti, RC Inquinamento, RC fabbricati ecc. in un panorama di assoluta frantumazione, ben lontano dall’idea di “all risks” che sta affermandosi nel settore property e che, da sempre, caratterizza i rischi tecnologici):
“La Società si obbliga a tenere indenne l’Assicurato di quanto questi sia tenuto a pagare, a titolo di risarcimento (capitale, interessi e spese), quale civilmente responsabile ai sensi di legge, per danni corporali e materiali involontariamente cagionati a terzi, in conseguenza di un fatto accidentale verificatosi in relazione ai rischi per i quali è stipulata l’assicurazione”.
A questo punto ci si deve chiedere quanto l’assicurato sia tenuto a pagare, a titolo di risarcimento, per danni materiali cagionati a terzi perché, se non sono previste limitazioni nel rapporto assicuratore/assicurato, è questo che l’assicuratore si obbliga a fare, quando si sostituisce all’assicurato nel pagare direttamente al danneggiato. Nel momento in cui insorge l’obbligazione si instaura tra assicurato e danneggiato un debito di valore nel senso che il debito risarcitorio non ha quale oggetto una somma di denaro definita o facilmente determinabile, bensì l’equivalente del controvalore in denaro di un determinato bene. Ciò richiede un apprezzamento ed una valutazione discrezionale, talvolta particolarmente complessa, funzionale alla determinazione della conversione in controvalore pecuniario del valore del bene stesso (Cass. Civ. sez. II, 1423/77).
Da questa situazione consegue che tutte le compagnie devono, al termine dell’esercizio annuale, procedere alla rivalutazione delle riserve RC per i danni pendenti in quanto la loro quantificazione non si è cristallizzata al momento del sinistro, come avviene per i danni property che si configurano come un debito di valuta dell’assicuratore nei confronti dell’assicurato, che con il pagamento del premio ha acquisito il diritto all’indennizzo secondo i criteri stabiliti nelle condizioni generali di assicurazione.
Il responsabile di un incidente automobilistico deve risarcire al danneggiato il pregiudizio arrecatogli, la distruzione dell’automobile. La somma capitale dovuta dal danneggiante deve essere determinata non già in base al costo del veicolo nel momento in cui il sinistro è occorso, bensì in misura tale da permettere la sostituzione dell’automobile in relazione al tempo della liquidazione (Cass. Civ. sez. III, 5578/84). Pertanto, l’eventuale incremento del prezzo di listino dell’ autoveicolo graverà sul danneggiante e conseguentemente sul suo assicuratore, che lo deve tenere indenne.
Il debito risarcitorio ha quale contenuto una misura pecuniaria tale da costituire ristoro delle conseguenze pregiudizievoli dell’evento dannoso; in altri termini il debito di valore risponde ad una concezione di “valore funzionale”, come d’altra parte si è convenuto di fare anche per le assicurazioni di beni con garanzia reale mediante l’introduzione dell’indennizzo “valore a nuovo”, che, senza configurare un illecito arricchimento per l’assicurato, è normalmente ben più elevato del valore allo stato d’uso (che corrisponde al valore del bene al momento del sinistro). Se questo è vero per un danno totale (tale si può considerare anche il danno i cui costi di riparazione e di ripristino siano antieconomici ovvero maggiori del valore commerciale del bene al momento del sinistro) a maggior ragione lo si deve ritenere valido nel caso di danni parziali.
Il danneggiato ha diritto a riavere il bene danneggiato nelle condizioni “funzionali” in cui si trovava al momento del sinistro, ragion per cui è certamente sanzionabile la sempre più generalizzata prassi del mercato assicurativo di applicare, nella quantificazione del risarcimento dovuto, il “degrado” sui pezzi di ricambio di un macchinario, anche in misura rilevante, contando soprattutto sulla acquiescenza del danneggiato poco informato o, ancor meglio, male informato dei propri diritti.
Questo comportamento non è mai stato oggetto di particolare attenzione perché difficilmente il danneggiato decide di adire le vie legali considerato che la differenza tra il dovuto ed il liquidato per i danni materiali, salvo rare eccezioni, non assume entità tali da rendere conveniente l’attesa dei tempi “giudiziali” rispetto all’immediata definizione, sia pure insufficiente, del danno subito.

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