GIOVANNI PONS

La primavera della finanza italiana si preannuncia piuttosto calda. Nell’arco di un paio di mesi si dovranno decidere partite che potenzialmente possono mutare alcuni equilibri cruciali negli snodi societari che governano gli assetti di potere del sistema italiano. Si parte dalla cima con la scelta del nuovo presidente di Unicredit e dell’intero consiglio della banca di Piazza Cordusio, che a sua volta è il principale azionista di Mediobanca. La merchant bank al centro della galassia ha appena rinnovato i suoi organi sociali ma non si può escludere qualche cambiamento se non altro come riflesso di ciò che potrebbe accadere intorno a lei. A valle, per esempio, c’è da confermare il presidente di Generali sostituito solo un anno fa ma per un cavillo tecnico in carica solo per un anno. E sull’altra partecipata Rcs Mediagruoup va in scadenza l’intero consiglio di amministrazione, da sempre un crocevia importante essendo l’editore del Corriere della Sera. E su tutto ciò incombe la battaglia per il controllo della Fondiaria Sai con la famiglia Ligresti che cerca la via d’uscita meno dolorosa dopo un decennio di gestione fallimentare della compagnia.
Il mondo Intesa Sanpaolo, da sempre collegato ma in qualche modo antagonista alla galassia MediobancaGenerali, ha appena sostituito l’amministratore delegato ed è sicuramente osservatore attento di quanto succede tra alcuni suoi azionisti importanti come il Leone di Trieste.
Il Monte dei Paschi ha a sua volta sostituito il capoazienda e ora si appresta a far entrare nuovi soci e a nominare alla presidenza un peso massimo come Alessandro Profumo. Ma non basta. Tutti questi avvicendamenti sono per la prima volta influenzati dalla nuova normativa sugli “interlocking directorates”, un decreto legge varato dal governo Monti e con l’imprimatur del premier in persona che stabilisce nuove regole per la presenza degli stessi consiglieri d’amministrazione delle società in concorrenza tra di loro.
La nuova legge è comunque lo sbocco finale di un processo iniziato nel 2008 con l’indagine conoscitiva dell’autorità Antitrust sulla corporate governance di banche e assicurazioni e che aveva individuato negli intrecci di consiglieri e sindaci nei cda una «maggiore probabilità di effetti collusivi» e «una riduzione della concorrenza». Nel nuovo Codice di autodisciplina varato nel 2011 è stato poi introdotto un limite al cumulo di incarichi ma è con l’articolo 36 del Dl 6 dicembre 2011 che si è andati a incidere in profondità su un tema che ad alcuni può apparire secondario ma che in realtà non lo è. In pratica si vieta ai «titolari di cariche negli organi gestionali, di sorveglianza e di controllo e ai funzionari di vertice di imprese o gruppi di imprese operanti nei mercati del credito, assicurativi e finanziari di assumere o esercitare analoghe cariche in imprese o gruppi di imprese concorrenti». Dove per imprese o gruppi concorrenti si intendono quelli tra i quali non vi sono rapporti di controllo ai sensi della legge 287 del 1990 e che operano nei medesimi “mercati di prodotto e geografici”.
Sono bastate queste poche righe emanate dal governo Monti per mettere in subbuglio la galassia dove pochi personaggi occupano molte poltrone che contano, anche se la norma va a colpire tutta una serie di professionisti che hanno incarichi nei collegi sindacali o figurano come amministratori indipendenti in diversi gruppi bancari e assicurativi.
Vediamo quali sono gli effetti di queste nuove norme nel contesto degli avvicendamenti che devono essere fatti nei prossimi due mesi. Per quanto riguarda Unicredit il consigliere Carlo Pesenti si è già dimesso scegliendo di restare nel cda di Mediobanca così come il presidente uscente Dieter Rampl che non si è reso disponibile per un nuovo mandato e dunque potrebbe restare solo in piazzetta Cuccia. Al contrario il vicepresidente Fabrizio Palenzona tende a essere confermato nella sua carica nella banca di piazza Cordusio rinunciando al posto di consigliere di Mediobanca. Ma mantenendo allo stesso tempo la carica di presidente di Aeroporti di Roma in quanto non afferente al settore bancario. Ma è difficile prevedere cosa possa succedere se per caso Palenzona fosse proiettato dagli eventi alla presidenza di Mediobanca o di Generali. Inoltre l’interpretazione prevalente tra i giuristi vicini a Piazzetta Cuccia indica che non dovrebbero emergere incompatibilità tra i consiglieri di Mediobanca e quelli di Generali non essendo le due società in concorrenza se non per la presenza di Banca Generali. Dunque, Vincent Bollorè, Alberto Nagel e Francesco Saverio Vinci potrebbero non aver problemi nel mantenere le rispettive cariche e poltrone sia a Milano che a Trieste e, se prevalesse questa linea di pensiero, anche Francesco Gaetano Caltagirone e Diego Della Valle potrebbero andare a occupare una poltrona nel consiglio di Unicredit, in virtù delle azioni da poco acquistate, continuando a sedere nell’organo di gestione delle Generali.
Per quanto riguarda il presidente di Intesa Sanpaolo Giovanni Bazoli, è probabile che possa uscire dal consiglio di Ubi Banca, poiché in palese concorrenza con Intesa, ma mantenere la presidenza della finanziaria Mittel, anche se in questo caso bisognerebbe dimostrare che non sussistano ambiti di sovrapposizione né di prodotto né geografici.
L’incertezza deriva anche dal fatto che non è prevista una delega alle authority di settore per l’applicazione del decreto anche se è stato avviato un tavolo Banca d’ItaliaTesoro per analizzare gli ambiti di applicazione. Secondo il dettato della legge in caso di violazione del divieto è prevista la decadenza ex lege da “entrambe le cariche” incompatibili anche se non è chiaro quale debba essere l’organo che decreta la decadenza. In caso di inerzia intervengono la Banca d’Italia o l’Isvap.
In questo quadro assai complesso si inseriscono gli ultimi avvenimenti di cronaca che danno il gruppo Unipol impegnato nella conquista di Fondiaria Sai con la regia di Mediobanca a cui un provvedimento antitrust di qualche tempo fa impediva di detenere azioni o posizioni di governance nella compagnia dei Ligresti essendo già il principale azionista di Generali. E sotto la lente degli uomini di Giovanni Pitruzzella dovrà passare l’eventuale accordo tra Unipol e Fonsai o tra Fonsai e gli altri pretendenti facenti capo ai fondi Palladio e Sator che hanno proposto una soluzione alternativa. La partita non è da sottovalutare ai fini degli equilibri di sistema poiché nella Fondiaria Sai sono custodite quote strategiche di Mediobanca, Rcs, Pirelli, Gemina e l’intreccio della galassia potrebbe venire a modificarsi a seconda di chi ne entri in possesso.
Molto ambito, per esempio, è quel 5% che i Ligresti si erano assicurati nella casa editrice del Corriere della Sera che ora potrebbe essere distribuito tra gli altri soci del patto oppure rilevato da qualcuno con più voglia di altri di crescere come Della Valle. Proprio in questa settimana si riunirà il patto di sindacato Rcs per esaminare il rinnovo del consiglio che potrebbe anche vedere la riconferma per il terzo mandato di Piergaetano Marchetti, il giurista in passato presidente del patto di Mediobanca e tra quelli che non vedono aree di concorrenza tra la merchant bank e la partecipata Generali.
Infine, il ribaltone più clamoroso potrebbe avvenire proprio nella cassaforte del sistema, la compagnia triestina. Voci non smentite hanno indicato il presidente Gabriele Galateri tra i candidati al vertice di Unicredit, ma a quel punto sarebbe da capire chi prenderebbe il suo posto a solo un anno di distanza dalla defenestrazione di Cesare Geronzi. L’eventuale arrivo a Trieste di un presidente un po’ più ingombrante di Galateri potrebbe riaprire la dialettica con il management guidato da Giovanni Perissinotto, già messo in discussione un anno fa a causa dell’operazione Ppf con il finanziere ceco Petr Kellner. E riaccendendo in questo modo l’annoso tema del cordone ombelicale che lega Mediobanca e Generali attraverso una quota del 14%.