DI STEFANO SANSONETTI E PIERRE DE NOLAC

Nella battaglia che sta andando in scena per conquistare Fondiaria- Sai spunta il figlio del ministro dell’interno Annamaria Cancellieri. Si tratta di Piergiorgio Peluso, managerbanchiere di 44 anni che non sembra proprio andare a genio a Unipol, la compagnia assicurativa bolognese che sta lottando per annettere la società del gruppo Ligresti. Peluso dall’estate scorsa è direttore generale proprio di Fondiaria-Sai. Insomma, riveste un’importante parte in causa. Ma la ragione del «sospetto» con il quale il suo profilo viene guardato dalle parti dell’Unipol di Carlo Cimbri sta nella fitta rete di contatti che il figlio del ministro si è costruito negli anni. In particolare con quel Matteo Arpe che, da numero uno del fondo Sator e in tandem con la Palladio Finanziaria di Roberto Meneguzzo, sta contendendo il controllo di Fondiaria-Sai proprio a Unipol. E così ecco che il vero bersaglio della lettera scritta dai vertici della compagnia bolognese a Premafin (la holding che controlla Fondiaria-Sai), per richiamare il rispetto degli impegni assunti con Cimbri & Co., sembra proprio essere Peluso. Per capirne appieno il perché occorre però fare un passo indietro. Il figlio della Cancellieri, nel panorama finanziario italiano, occupa un gruppetto di poltrone che contano. Oltre a essere direttore generale di Fondiaria, infatti, è presidente di Banca Sai, consigliere di Gemina (la holding di Benetton, Toti e Mediobanca che controlla Aeroporti di Roma) e consigliere di Immobiliare Lombarda. In un passato più lontano è stato nei cda di Schemaventotto, Edison, Investimenti Infrastrutture, Banco di Sicilia e Bipop Carire. Mentre in tempi più recenti è stato responsabile della divisione corporate di Unicredit, ovvero della principale banca creditrice di Premafin. Una posizione, questa, che di certo non gli precludeva l’accesso al dossier Fondiaria, di cui si ritrova ora a essere direttore generale. In più, ad aggrovigliare ulteriorm e n t e l’intreccio perverso, Peluso è stato un manager di vertice di Capitalia (per esempio nel cda di Capitalia partecipazioni dal giugno del 2006 al novembre del 2008), quando la banca romana non era ancora stata fagocitata da Unicredit e soprattutto era guidata da Arpe. E qui arriviamo al punto. Sì, perché l’Unipol di Cimbri l’altro ieri ha scritto una lettera a Premafin che aveva fondamentalmente due scopi. Il primo: richiamare il rispetto dell’impegno assunto con la compagnia bolognese tramite la firma del contratto in esclusiva del 29 gennaio scorso. Il secondo: ricordare che l’aumento di capitale da 1,1 miliardi, deciso per Fondiaria- Sai, non è più negoziabile. Ma nella missiva c’è un passaggio nel quale Unipol invita Premafin a non prendere contatto, nemmeno per interposta persona, con gli altri pretendenti in campo, ovvero il fondo Sator di Arpe e la Palladio Finanziaria di Meneguzzo. Il quadro dei sospetti è fitto più che mai. Unipol teme che Peluso di giorno tratti con Cimbri secondo gli impegni, di notte invece strizzi l’occhio al suo amico Arpe. Per questo, in modo nemmeno troppo velato, nella lettera arrivata da Bologna si invita Premafin a non inseguire contatti, anche indiretti, con gli avversari. © Riproduzione riservata