L’utile netto annunciato dalle Generali per il 2011 sconta tanto l’effetto greco quanto quello francese. Il gruppo del Leone triestino ha archiviato l’esercizio con profitti a 856 milioni di euro, inferiori sia al consensus, sia agli 1,7 miliardi del 2010. A pesare è stata soprattutto la voce «svalutazioni», con 1,017 miliardi, collegati principalmente alla crisi di Atene e a Telco (le azioni Telecom Italia in carico sono state portate a 1,5 euro rispetto al precedente 1,80). In particolare, la svalutazione dei titoli governativi greci ha pesato sull’utile netto per 472 milioni. Per scoprire il ruolo giocato dalla Francia basta fare riferimento al morning note di Equita Sim datato 22 marzo, ossia il giorno successivo alla presentazione dei dati da parte del management delle Generali: «La differenza in termini di utile netto è in buona misura spiegata dal fatto che in Francia per motivi commerciali una parte delle minusvalenze sui titoli greci sono non sono state ribaltate sui clienti». Il riferimento è alla prassi, consolidata nel settore, di «scaricare» sul portafoglio degli assicurati, almeno in parte, asset e partecipazioni, con le annesse plusvalenze o minusvalenze (proprio quest’ultimo è il caso della Grecia, con la Francia che ha ridotto l’impatto dell’operazione, con ripercussioni negative sul netto). Inferiore rispetto al dato del 2010 anche il dividendo che quest’anno finirà nelle tasche degli azionisti del Leone (in primis Mediobanca, primo socio con il 13,24%), pari a 20 centesimi (45 centesimi la cedola che era stata staccata nel 2011). «Gli utili di Generali nel 2011 e il dividendo – commentano in una nota gli analisti di Jp Morgan – sono stati inferiori alle attese ma il margine di solvibilità (Solvency I) annunciato è migliore di quanto ci aspettassimo ed è in ulteriore rispresa nel primo trimestre del 2012». Il dato alla fine del 2011 si è posizionato al 117% (120% la soglia considerata di sicurezza) mentre al primo marzo era già salito al 132% e l’aspettativa di Jp Morgan per la fine dell’anno è pari al 134 per cento. Nel caso (molto probabile) in cui nel 2014 il finanziere Petr Kellner dovesse esercitare l’opzione put sul 49% di Ppf nei confronti delle Generali, il gruppo triestino potrebbe dovere sborsare tra i 2,5 e i 3 miliardi, con un impatto negativo sul margine di solvibilità rispettivamente tra i 12 e i 17 punti. Una possibilità che secondo alcuni analisti potrebbe far scattare la necessità di un aumento di capitale. Tuttavia, il management del Leone, in occasione della conferenc call del 21 marzo, ha nuovamente smentito l’eventualità. «In generale – ha dichiarato l’ad di Generali, Giovanni Perissinotto – solo un’operazione di espansione di grandi dimensioni ed elevata intensità di capitale potrebbe eventualmente giustificare la richiesta di un contributo ai nostri azionisti». E, ancora, con specifico riferimento alla put: «La politica del gruppo è di fare affidamento sulla generazione interna di fondi, con possibili dismissioni per coprire le nostre necessità». I riflettori sono puntati sulle attività assicurative Oltreoceano e sulla possibile quotazione di Bsi.